E va bene, ne prendo uno…
Dopo due giorni che mi guardavano languidi come cani abbandonati in autostrada, ho ceduto al richiamo di quei fogli con cui qualche incauto inserviente ha tappezzato gli armadietti dell’asilo, e ne ho tirato su uno, ripromettendomi di portarmelo a casa e di dargli almeno una possibilità prima che rivesta, questa volta, il sacchetto preposto alla raccolta differenziata.
“Lui”, il foglio dell’incauto, è il menu della refezione. L’avevo intuito, sbirciando: un’iniziativa buona e giusta, probabilmente anche dovuta, perché abbiamo il diritto di sapere cosa mangiano i nostri figli. Ma il menu settimanale non sta già appeso all’entrata?
Pasta con crema di broccoli, minestra di lenticchie, insalata di verze. Hmm.
Bastoncini di pesce: miglioriamo. Pizza: ci siamo. Cavolfiori gratinati: fallo.
Finocchi in insalata, tortino di ricotta e erbette, frittata ai carciofi…
Ogni tanto sbuca una pasta al sugo, rigorosamente “bio”, oppure un budino, purché “equosolidale”.
Ma ciò che inquieta davvero non è questo, bensì il retro: “Consigli per la cena”.
Di nuovo, e non scherzo, tanto di cappello, resto ammirata da cotanta buona volontà, ma ho il remoto sospetto che all’ammirazione riconoscente si misceli una sorta di sarcastico pudore e senso d’inferiorità (che sono valsi al responsabile l’attributo – appunto – di incauto): “insalata con noci, pera cotta con mandorle e cannella, parmigiana di melanzane.”
Confronto col menu di casa Lebout: lunedì pasta, martedì pasta, mercoledì wurstel, giovedì pollo.
Ovetto kinder a merenda, un frutto e mezzo ogni due giorni.
Nemmeno una torta casereccia, riesco a fargli mangiare: preferiscono i flauti del Mulino. Alla pera e cannella non arrivo neanche sotto tortura, e la sola verdura che riesco a dargli è quella dei Piccolini (e per fortuna che li hanno inventati).
Ma c’è davvero chi s’impegna a fondo e ci crede?
Non per fare la sfascia-menu, ma mi accontento di sapere la differenza tra un carboidrato e una proteina, e infilare due grammi di fibre nel piatto quando riesco.
Lascio lo zelo alle ossessive e il culto del piano alimentare ai professionisti: se no perché esisterebbero i dietologi?
Una volta si andava dal logopedista per la balbuzie, dal neuropsichiatra per la schizofrenia, e dal dietologo per l’obesità o il diabete. Ora per la logopedia basta una R poco rullata, dal neuropsichiatra si porta il figliolo vivace, e il dietologo ce lo ritroviamo, senza appello, appiccicato sugli armadietti.
Non saremo un po’ fissati?
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