TI MERITI UN CIELO PIENO DI ALTRO, SE FA BRUTTO MAGARI TI ARRIVA ANCHE LA NEVE. SE C’È IL SOLE CHE SIA SPIETATAMENTE RIDENTE. E TU, PURE.
Buon viaggio, piccolo stambecco.
Mi sono alzata per salutarti prima che papà ti portasse là fuori, su quei gradini sciacquati dal sole. Parti felice, non sai lavarti bene i capelli da solo, ma almeno ieri abbiamo trovato il tempo di portarti a tagliarli un po’, avevi una frangia come Richard Clayderman. Abbiamo fatto lavatrici veloci, steso le ultime cose che si asciugassero in tempo. Comprato quello che serviva da Decathlon e fatto una borsa gigante. Anche coi lacci degli scarponcini sei piuttosto impastato, ma esci leggero, un pacchettino di cracker in tasca, esci più forte di qualche dubbio, più forte di noi, lasci questa casa e queste cose come sono rimaste: tua sorella è tornata dall’ospedale, non è cambiato niente, percorriamo lo stesso filo che ci tiene su a fatica.
Quando regge riesco a farci due passi, quando non regge cado e mi appendo. Suppongo di essere alquanto buffa. L’avete visto anche voi, quante volte ho pianto. Sicuramente sbagliando, come sbaglio certe emozioni che dovrei trattenere dentro la diga dei denti.
Sono contenta che vai. Farai ben altro che due passi. Non conosci perfettamente nessuno, né il luogo, i tuoi amici migliori non vengono, a quanto ho capito. Ho capito che conosci l’amore per la montagna. E questo ti basta. A me inorgoglisce. Ricorda quello che ti ho detto, che mi mancherai più di quanto io mancherò a te: non è un’osservazione, è solo una confessione d’amore, della naturalità del crescere. Quella stessa natura per cui, ormai, ti asciughi la guancia dopo un mio bacio. E io sorrido.
Ma sei anche terribilmente affabile, ti stemperi con due dita di Geronimo Stilton che leggo solo per te, mi trattieni oltre l’ultimo Buonanotte quando sei a letto.
Ieri sera mi afferravi il polso in quel modo solo tuo che hai di ammettere un bisogno, ti sono mancata, in questi giorni scomposti e rubati, vorrei stare con te, vorrei che venissi a Cancano con me.
Non sai quanto lo vorrei anche io. Mi basterebbe partire per qualsiasi posto, va bene anche Corsico. Va bene anche qui, queste stesse mura, vorrei partire per quando tutto era ancora limpido, per quando lo sarà di nuovo.
Vai, amore, ti metto in salvo, Cancano sarà la tua cassaforte e la tua libertà i prossimi sei giorni. Mentre qui lavoriamo sodo per ricomporre tutto. Con quelle mani fragili delle partenze, con l’abitudine che non viene, perché siamo naturalmente predisposti al mantenimento, a ciò che qualcuno chiama ottimismo e io definisco inerzia al cambiamento. Perché poi qualcuno mi crede forte, come mi credevano con te, perché io lotto, non cedo: be’, la verità è che non accetto.
A quest’ora ormai sei là. Dio chissà che aria, respiri… io ho visto il cielo in forma quadrata, dal terrazzo, le tue sorelle mangiavano panini e coca cola, le loro figlie coi pannolini che ho messo un’ora a confezionargli. Non si può fare di più, non si esce. Isabelle è gelosa, per la prima volta in anni voleva che dormissi con lei per il suo pisolino. Passo le ore al telefono, a trattenere quel viso di Sarah che prima incespica e poi si frantuma. Ma che t’importa di questo? In fondo nemmeno tu sei indenne da questa pioggia acida che ci ha preso. Ti meriti un cielo pieno di altro, se fa brutto magari ti arriva anche la neve. Se c’è il sole che sia spietatamente ridente. E tu, pure.
Per il resto me la cavo, anche senza il mio secondo uomo: sulla tovaglia il tuo post-it mi regge meglio di una stampella, con quell’orgoglio di averti così come sei: “LE QUESTIONI DI LAMENTI NON SI RISOLVONO CON LA FORZA, MA CON L’AMORE.”
Commenti 12
“LE QUESTIONI DI LAMENTI NON SI RISOLVONO CON LA FORZA, MA CON L’AMORE.” L’ha detta Patrick? Nove anni? Piccolo grande ometto! Davanti alla saggezza dei bambini, a volte mi sento piiiccola come un moscerino. 🙂
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Nove anni scarsi! L’ha detta a tavola, così, non ricordo su quale spunto. Capisce di averci colpito, scherma come può quella sua fossetta che gli viene a galla solo quando è emozionato, e io gli dico scrivila, è troppo bella. Sono rimasta a bocca a aperta. 🙂
Buon viaggio al giovane poeta, figlio d’arte e speriamo che le “questioni di lamenti” in un modo o nell’altro, si risolvano.
Author
Mi hai fatto sorridere proprio col “figlio d’arte”! E sai che un sorriso mi vale più di un prestito bancario adesso. Ciao cara, grazie :*
tanti figli (ormai tre è tanti) significa spartirsi a fette come una torta e distribuirsi loro come se ogni fetta fosse l’intera torta.
(mi è venuto un po’ contorto ma spero si capisca il concetto)
ml
Author
No no, ho capito benissimo 🙂 Il guaio è quando un figlio di torte ne ha bisogno due, perché in deficit di zuccheri per qualche disturbo fisico o psicologico 🙂 ps: mi sei venuto in mente stamattina, forse perché so che eri pediatra… viste le nostre recenti vicissitudini.
ho letto di un ricovero in ospedale per accertamenti. mi auguro tutto bene 🙂
Author
Purtroppo non va bene… pollachiuria probabilmente su base psicogena, cui la piccola risponde con strategie difensive di controllo (per es. rifiuta di uscire di casa, di addormentarsi da sola, di lavare le mani dopo esser stata in bagno per paura di avere nuovamente lo stimolo a fare pipì, etc). La situazione è durissima. 🙁
mi spiace. speriamo che se è su base psicogena si sblocchi presto 🙂
un abbraccio
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Grazie Massimo…
Noooo! Alla faccia! E’ un genio Patrick! Ovviamente figlio di artista. Non ho parole!
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Ero basita anche io 😉