DARE UN PREMIO IN DENARO SIGNIFICA SFOCARE IL VALORE
Patrick non è d’accordo: «Ai miei compagni danno 10 euro, per la pagella. Come premio. Voi non mi date mai niente».
C’è questa cosa del confronto. Coi compagni di scuola. Quello che hanno gli altri, che fanno gli altri genitori. In fondo non siamo mai salvi.
«Amore, ti diamo il nostro orgoglio, che vale più di 10 euro».
Quando sono piccoli è la competizione tra mamme, col tempo hai imparato i chi se ne frega, lasci alle sfilate del più bravo uno sguardo distratto, una cecità cui ti sei finalmente addestrata. Poi crescono e sono loro, a metterti lì accanto al podio delle altre.
«No, perché i 10 euro li spendo».
Ride. Crede non solo che con 10 euro si possa fare chissà cosa. Ma che si possa fare chissà cosa senza orgoglio.
Invece dopo i primi, affollati sei bravo! ci sono genitori che si spengono come le luminarie il 7 gennaio. Si ritirano i lustri, i tappeti vermigli coi loro firmamenti artificiali lasciano le strade, i tacchi delle feste, il posacenere sotto il vischio.
La città era come un film ripetuto mille volte in sfere lucidate dallo smalto e dalla festa. Le vie erano un augurio dopo l’altro, guance che baciano guance.
Ci sono genitori che poi chiudono: il calendario dell’Avvento ha finito le finestre, i regali sono spacchettati, le carte se ne vanno nei bidoni, si mescolano a quotidiani, a cartoni di pizza e imballaggi di giochi che stuferanno dopo due giorni.
L’anno dopo gli danno la busta. «Cosa vuoi, di regalo?»: la busta, dentro ci mettono una banconota in più, ogni Natale.
Perché hanno dimenticato quella piccola fatica, ma anche la gioia, di onorare i successi del figlio?
Perché hanno creduto che poi quello si fa le sue radici, piantato nei suoi primi che bravo, e di lì in alto, come un olmo? Perché hanno sparso sorrisi vaghi, hanno detto «in fondo è il tuo dovere»?
Non me ne frega niente, se mio figlio adesso si schermisce, se un complimento si posa in quella sua fossetta se va bene, e se va male rimane sospeso come quei voli cancellati per nebbia.
I complimenti e la fiducia sono necessari. Ma devono essere a fuoco: puntati su quel particolare impegno, su quel particolare obiettivo conseguito, su quella vittoria, non quella prima, né quella accanto.
Solidi, nudi, senz’appoggio.
«Hai il nostro orgoglio. Dieci euro li spendi e poi sono già finiti. Col nostro orgoglio, invece, cresci. Ti servirà per tutta una vita».
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