ACCUDITE ANCHE LA VOSTRA PAURA
Se la parola «divieto» vi fa paura, sostituitela con «responsabilità».
Se la parola «responsabilità» vi opprime, sostituitela con «cura».
«Cura» non nel senso medico del termine ma di «take care»: prendersi cura, accudire.
Il divieto chiude, stringe, angoscia. Dichiara la calamità. La parola responsabilità sa di dovere, ci mette un peso addosso perché nessuno ci ha mai insegnato il suo significato autentico: «response-ability». Che è la capacità di rispondere.
Capacità vuol dire potere. E la risposta che possiamo dare è «cura».
Siamo nell’era dei social, del web, di WhatsApp e di Skype. Non ci è andata poi così male.
Ieri sera sul gruppo dell’asilo avevo 23 messaggi. Per la prima volta non era una catena di mimose, né una sfilata di timori. Erano video. Un bambino dopo l’altro lasciava invariabilmente queste parole: «Ciao amici, mi mancate», la madre che suggeriva, di qua del telefono. «Ci vediamo presto».
I bambini non hanno il senso del tempo, qualcuno diceva «a domani». «Domani» è ieri e adesso, è sempre e mai. Noi possiamo fare come loro, possiamo scegliere questo periodo sospeso come un oggi senza tempo. Da imboccare di cura, invece di paura.
Se tuo figlio ha la febbre, smetti di uscire, stai al suo fianco. Rimandi ciò che non è inderogabile eseguire in quel momento. Probabilmente smadonni. Poi ti penti. Stai lì e ti inventi.
Non è molto diverso.
Non abbiamo bisogno di essere tutti malati per essere attenti. Non abbiamo bisogno di fare gli spavaldi né di paralizzarci. Usiamo il 3% del cervello, nel vivere ordinario: ebbene, è ora di utilizzare il restante 97. O, ancora meglio, uscire dalla testa dove il pensiero si arrovella, e scendere nel cuore, infinitamente più spazioso. Due cuori e una capanna. Al cuore basta poco.
Stamattina una mamma dell’asilo ha registrato un video: leggeva un libro per bambini, il tono dolce, la voce ferma. Tre minuti donati a chiunque della chat volesse riportare vicini questi piccoli amici.
Non accendete il TG in presenza di bambini, leggete le notizie, ma non la sera. La sera cambiate registro, preparatevi un giaciglio di poesia e delicatezza.
Prendete aria, ma apprezzate di farlo da soli e in luoghi isolati*. Magari scoprirete che non è terribile, quella persona che vi portate appresso da anni, e che guarda caso ha il vostro nome. Se leggere o cantare, o scrivere non è nelle vostre corde, imparate ad annoiarvi. Come diciamo spesso ai nostri figli credendo così di levarceli di torno. Bene, è il nostro turno di girovagare per casa, di aspettare che nuove esperienze si formino, magicamente dal nulla.
Se non potete abbracciare, baciare, carezzare, imparate a dire ti voglio bene. Se vi sembra di non poter dare nulla ai figli, senza quelle uscite spericolate alle giostre, ai centri commerciali, o sulle piste da sci: lasciate che siano loro a insegnare a voi.
Se la parola «amore» risulta troppo dolciastra e retorica, se sostituire «paura» con «amore» sembra una ricetta evangelica senza sostanza, una teoria da predicatori da poco. Se non volete imparare che nella scala energetica il contrario di paura è amore, e non coraggio: inventate altri sinonimi. Scomponetela in mille tonalità: gentilezza, dolcezza, sorrisi, premura, attenzione, risa, divertimento, piacere, passione, creatività, interesse. Gesti. Espressioni. Ispirazione. Rinnovamento. Scoperta.
Ogni volta che sentite oppressione al petto non è polmonite: è contrazione. Ogni volta che sentite leggerezza ed espansione, state andando nella direzione giusta. Sperimentate, scoprite cosa vi allarga.
Se non sentite nulla, state mentendo. Andate incontro al vostro mutismo, e interrogatelo. Se pensare al bene comune è un concetto troppo idealista, pensate al vostro. Accudite anche la vostra paura. Se ognuno accudisce il proprio sentire e lo ama, espande amore.
Quello che sta accadendo non è un castigo. Non è una sciagura. È una domanda aperta. Lasciate stare le ideologie e le polemiche. Siate concreti: ascoltate quello che sentite, e coltivate le emozioni e i gesti migliori.
Abbiate cura.
*NOTA aggiornata al 16 marzo: #iorestoacasa. Non uscite, in pochi possono davvero fare due passi in aperta campagna. Per tutti gli altri, da qualche giorno, l’appello è di stare in casa. Le città sono deserte non perché così puoi farti due passi da solo, ma perché tutti gli altri hanno rispettato la quarantena.
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