Sola.
L’orologio spezza la cucina col suo ticchettio croccante. Sembrano briciole di un tempo aperto come pane. È arrivato il sole, qui dentro. Passa dalle rose azzurre della tenda alle mie spalle, gira sul muro, sbieco, lo lava ancora più bianco, supera il pensile, poi si perde sullo stendino.
Maglie piccine, slip con la Barbie, boxer con Spongebob.
È una strana presenza, la tua: una sorta di pesce in un acquario, muta.
I tuoi fratelli sono a scuola, tua madre scrive, lo senti? Il pianoforte dei tasti.
Ho sognato che stavo male, mi è rimasto addosso come lenzuola umide, come il collo del pigiama su cui ho sudato una paura tesa, sottile e tagliente: ricoverata per non ricordo cosa. Tu non c’eri ancora, saresti arrivata. Ma intanto restavo confinata dai miei bambini.
Ogni giorno m’insegna l’amore che trabocca, il fragile vaso del cuore annaffiato dai piccoli, la goccia che versa, là sotto a quei fiori.
Penso a quel pomeriggio, sul terrazzo dei miei, la bambola in mano: mia cugina che mi dice “sarai una brava mamma”. Il mio desiderio invincibile, resistito a mille battaglie: avere dei figli.
Chissà se è vero, che sono brava, se aveva ragione Chiara, nei suoi sette, otto anni.
È vero che l’amore dei figli spalanca, ti prende gli occhi e te li porta a spasso per le cose che credevi di avere già visto, ti prende la bocca e te la posa su parole che credevi di avere già detto. E ti inventa.
Io osservo lo stendino, guardo dove appenderemo calze minuscole, i tuoi primi body, un bavaglino rosa.
Ascolto l’orologio che si perderà nel tempo nostro. Afferro questa solitudine, che sprofonderà nella tua pelle, si perderà nelle nostre mattine. Penso alla costruzione fragile di questa donna, alla sostanza eterea delle madri, che imparano la vita, la strutturano, trovano una collocazione, e poi s’infrangono sulla nascita del piccolo, rotte e accolte dalla riva, e ricominciano.
Amo la pazienza che quest’attesa m’insegna.
La foga di averti, la gioia di aspettare.
Con la stessa, innamorata calma, di quest’orologio imperterrito, di questa mattina, della cucina. Del sole che è già girato, non si arrampica più sul muro, alle mie spalle, non atterra sullo stendino.
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Il tempo delle madri
Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!
Commenti 2
Che meraviglia questo post, l’ho letto tutto d’un fiato con mille brividi addosso!
Grazie di questo splendido regalo. Grazie di cuore!
Vale.
Buona continuazione!!! Torno prestissimo, baci