Allora un altro giorno, dietro vivace insistenza di Patrick, andiamo a Cordon. Meglio nota come Le balcon du Mont Blanc. Nonché altra originaria candidata località per il nostro ameno soggiorno in Alta Savoia.
Trenta minuti di curve, ventisei dossi e un cd dello Zecchino d’oro più avanti raggiungiamo questa manciata di case.
Il centro e la periferia coincidono, constano in qualche tetto tra i quali si distingue il muto campanile di una chiesa senza piazza e quattro lapidi di quattro ex-abitanti: le centre ville.
Nel primo pomeriggio (che per noi dovrebbe valere a tardo pranzo vista la flemma nei preparativi) troviamo:
- 1 negozio che non sapevo di avere.
- 1 chiesa (vedi sopra).
- 1 bar ad essa adiacente e che per erroneo esubero di ottimismo superiamo senza badarci.
- 1 fontana dove le bambine prontamente si rinfrescano oltre il fisiologico bisogno.
- 1 mucca rossa, fedele riproduzione di un reale bovino, dove le due bambine (bagnate) vanno a fingere di mungere il latte con bicchierino riempito ovviamente non dal getto corrente ma dall’acqua stagnante della fontana.
- 1 bar chiuso.
- 1 boulangerie dove acquistiamo prontamente il solo pranzo possibile nella forma di un ciambellone gigante che verosimilmente somiglia alla vacca, avendo un odore che solo nella seconda metà riconosco: burro verace.
- 4 vecchi, che prendono posto sul terrazzo prospiciente il bar chiuso. Due di loro chiacchierano amabilmente sotto l’inutile ombrellone, un altro fa spola da lì al menu appeso alle mie spalle, poi siede con loro. Li guardo aspettare invano un cameriere che non arriverà mai. Li penso spendere quel poco che resta loro da vivere su quel terrazzino. Se sono accorti si avvederanno che la sola occasione di rancio sta nella boulangerie e in quel ciambellone che ora mi asfissia le mani.
- Infine un cannocchiale con cui osservare i dintorni scampati al ratto delle nubi (ratto non inteso come topo) e che Sarah e Patrick adoperano per guardarsi tra loro a distanza ravvicinata.
Mi fa impressione pensare che mentre altri ingorgano le spiagge nudi, io vagabondo con tanto di pile su uno sputo di mondo, una sorta di asteroide con una vacca rossa. Amo la quiete e detesto il bordello, ma questo villaggio è ai limiti del dichiaratamente depressive.
C’è una sottile linea invisibile tra relax e scazzo, tranquillità e depressione.
Se alla fine della giornata hai mangiato una ciambella intera non è relax, è depressione.
Se per uscire a fare due passi ci hai messo mezza giornata non è solo il tempo che è incerto.
Se non hai ancora letto una pagina del tuo libro nonostante le buone intenzioni e il cattivo tempo, non stai solo riposando la vista.
Se la sera conti sulle dita ciò che hai fatto, e ti bastano pollice e indice (pollice: spesa. Indice: giretto), non è calma.
E adesso smetto, o rischio di rivitalizzarmi troppo, con tutta questa scrittura.