Misura il giardino, su e giù avanti indietro. Lancia un legnetto ad Achille. Il cane salta, fora il cielo col muso che cerca la gloria della presa, con la coda batte l’aria.
L’ho chiamata da dietro il frangivista, tra rami troppo cresciuti di Red Robin. Con la curiosità di tutti, uguale a qualsiasi pettegola: “Ancora niente?”
“Aspetta, vengo lì”: faccio il giro del mio cortiletto, la raggiungo, i miei figli dietro come anatroccoli. Sarah in braccio (a me e alla diffidenza). Patrick in mutande, col suo blocco a quadretti sotto il braccio: il blocco insegue lui, lui insegue me. Ci ha scritto una filastrocca, ha bisogno di audience.
Barbara è fuori tempo, quattro giorni di pancia in più. Mi scuso: “Lo so, chissà in quanti ti assillano con la stessa domanda!” Mentre mi vergogno per questa mia invadenza, sorrido a essere io – per una volta – quella che chiede. L’altra, quella che aspetta. Sono al di qua di un recinto, e di un pancione. La guardo misurare quel quadrato d’erba sintetica come un pollo nell’aia: gli ultimi giorni fanno quest’effetto. Non dorme, non fa, non pensa più niente: sta lì affacciata alla paura, col suo sorriso che la consola.
Il valigino pronto, dentro, da qualche parte. Le cose per il piccolo, la casa che è già madre in mille oggetti. Ricordo i miei ultimi giorni di gravidanza con tenerezza, quell’attesa così dolce di tanti mesi che d’improvviso s’impenna, si fa quasi aspra, sa d’impazienza, di gioia e di dolore, è piacevole perché ama, spiacevole perché impotente. È un riassunto feroce del vivere a questo mondo. Così, senza mezzi termini: una vertigine.
Tra qualche giorno, forse domani, ripenserà a queste due parole con la vicina, a questa sera, a ritroso saprà quanto era prossima al parto, lì in quello stesso prato, Achille che gioca, i Red Robin, la ringhiera.
Nessuno sa quando, eppure la vita ha un suo odore: si sente, che sta per arrivare. Esonda e mischia tutto, non importa quanto ci conosciamo (quasi affatto), la simpatia o meno. Si sta lì, in punta di piedi, come sul baratro. La riverenza di quando si entra in chiesa.
Noi ad annusare, a guardare in su come chi aspetta il vento, perché una nascita è una meraviglia che investe tutto. E abbiamo ancora bisogno di stupirci. Abbiamo sempre bisogno di quella sua ingenua magia. Ogni bimbo che nasce… il mondo intero lo sente.
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Ogni bimbo che nasce
Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!
Commenti 5
ma che bello questo post, descrive molto bene quello che dicevo anch’io sull’ultimo periodo preparto qui http://theswingingmom.com/memory-lane-pre-parto/ e qui http://theswingingmom.com/limprevedibile-ineluttabililita-del-parto/
Sì, l’ultimo periodo è un dirupo ripidissimo, si sta in equilibrio a malapena. Se poi hai già altri figli un po’ sei impegnata, ma anche più tesa (per me è stato così), pensando all’organizzazione nel momento clou, a come tutto cambierà di nuovo… E poi, esserci già passate non rende immuni da questa tensione: sarà vero che “sapere” aiuta a ridimensionare le paure???
non so, io personalmente la prima volta ero incosciente 😛 la seconda serena e la terza iperattiva, vulcanica. Sarà un caso ma i miei tre bambini sono ESATTAMENTE così come caratteri °_° insomma, le mie gravidanze si sono rivelate l’anticipazione di come poi sarebbero stati i pupi 😛 un filo di ansia c’è sempre, ovviamente, anzi paradossalmente sono un pochino più preoccupona ora che col primo, sono strana, sempre fatto le cose alla rovescia io!
p.s. la chiusa mi ha ricordato tanto le meravigliose parole del pediatra dei piccoli, papà di sei bimbi: “il mondo è un po’ più bello, ora che ci sei tu” <3 solo un genitore capisce il senso profondo di queste cose
Papà di sei bambini? wow… la mia credo non abbia nemmeno un figlio 🙁