LETTERALMENTE: “L’ESSERE (O STARE) IN PIGIAMA”
Stato intenzionale e protratto nel tempo della donna media, meglio se mamma. Dopo anni di allenamento a vedere bebè in body e tutina, la donna che aveva solennemente promesso/scommesso di restare indenne al pigiama in due semplici parole di giuramento – IO-NO -, scade inesorabilmente nella mise più adatta a sentirsi quello che è: un bradipo stanco.
Il passaggio può avvenire già da subito per quelle puerpere naturalmente tendenti alla morbidezza del cotone e degli elastici senza scazzi, mentre sarà più graduale o perfino silente nelle donne abituate al trucco fin dal primo mattino e tenacemente ancorate all’Io donna che non è l’inserto del Corriere.
Tuttavia, secondo i più recenti studi condotti da Pensieri rotondi, il 70 % delle mamme dopo i primi 6 mesi di maternità, e il 98 % entro i primi 12, ha ormai ceduto all’abitudine di “pigiamare.”
Il che vale loro il riuscito appellativo di Pigiamoms.
Chi è a casa (smart worker o mamma a tempo pieno che sia) si rincuora a scoprire che in inverno non è la sola a portare i figli a scuola senza vestirsi, forte di quei giacconi lunghi che vanno di moda da un po’ e che, sospetto, sono stati creati da una loro simile.
Chi va a lavorare non reggerà più di cinque secondi al rientro finalmente al focolare prima di scivolare squisitamente in quel cotone felpato che per tutto il giorno ha movimentato incensurate fantasie domestiche dietro alla scrivania dell’ufficio, nel tacco troppo alto, nel tubino che salcazzo quanto è stretto dopo sta gravidanza. E, normalmente, avvia operazioni di svestizione già in ascensore, oppure aprendo la porta di casa: una mano sulle chiavi, l’altra già sulla cintura.
Al livello del portaombrelli ha già perfettamente indossato pantofole di pelo. Ortopediche le più sfigate (io).
A quel punto perché mai stare in tailleur con un paio di coniglietti ai piedi?
Ragionevoli ipotesi sulle cause del dilagante fenomeno del pigiamare sono: un allattamento prolungato e/o frequente che induce il soggetto a restare tetta-disponibile quanto più possibile, la necessità di sbrando che sovente accompagna tale operazione, nonché la diffusa filosofia del co-sleeping, alto contatto, basse aspirazioni, per cui la giornata media di costei si spende tra un letto, una culla e un sofà. Un pavimento di giochi. Con brevi e intermittenti puntate al cesso. (Pur non producendosi in un vero relax: notare che l’ozio è il padre dei vizi, non dei pigiami. La donna in pigiama può essere incredibilmente più produttiva dell’uomo in divisa da lavoro).
Pigiamare:
ai mariti infelici per questa nuova tendenza ingiustamente accusata di sopprimere la libido ricordiamo che la desinenza del termine è “amare”: a voi interpretarlo come verbo amorevole, o il contrario di “dolci”.
Commenti 4
Ahahahahahah!!! 😂😂😂
Adoro questo post! Se in maternità vivevo in tuta, ma mi vestivo per uscire, ora faccio parte di quella categoria di madri che rientrano dal lavoro e 3 nanosecondi dopo è già in pigiama. E i figli pure! 😂😂😂
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Ciao cara! Noi coi figli facciamo più fatica, diciamo che di solito stanno in mutande! Ma per esempio se è vacanza o nel fine settimana, capita che stanno col pigiama della notte finché non usciamo per la spesa o altro, anche fossero le 5 del pomeriggio. 🙂
Ciao Maddalena,
leggendo questo divertente post, ho rivisto un po’ delle Pigiamoms che si vedono davanti alle scuole/asili. Anche a casa nostra abbiamo la Pigiamoms solo a casa però, ed il sabato ogni tanto c’è la Pigiafamily. Da marito, però ti posso dire che la moglie in pigiama è molto “amata” e non “amara”
Un saluto
Lorenzo
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Che caro, sei, i tuoi commenti sono sempre delicati e la tua osservazione sulla pigiafamily e sulla moglie amata è squisita. A presto!