LA DONNA CI ACCOSTA, GUADAGNANDO L’USCITA DI VETRO, E CI BECCA COSÌ: LA FAMIGLIOLA FELICE.
Lei magrissima, le immagino una malattia, nelle gote scavate, nelle gambe che sono steli, sulla testa nessuna corolla. La bimba è uguale, due zampette sottili come non ne avevo mai viste. Allora non penso a un disturbo della madre, penso a una patologia genetica, o forse solo natura.
Al fondo, oltre le casse, io e i bambini, allineati, birilli in preda all’osservazione: la nostra, quella degli altri, noi a loro, loro a noi, immagini, sguardi.
Isabelle scatta, da un sedile all’altro delle sedie inanellate dai braccioli metallici, Patrick canta, impazza, Sarah si è calmata. Ho preso il mento di Isabelle, ci ho messo insieme un suono stupido quanto il gesto, quella ride, la voce che sguazza nel nonnulla azzeccato. La donna ci accosta, guadagnando l’uscita di vetro, e ci becca così: la famigliola felice.
Sorride timidamente, sorride e per un istante sono nei suoi occhi: siamo belli, vero, siamo belli?
Dio se sapesse…
Di due minuti fa, di prima, di stamattina, di ieri e di oggi.
Ci ha preso così, un istante come una zip, che apre e che chiude, e adesso chiude e non vedi sotto, non vedi le ascelle sudate, la fatica in maniche arrotolate. Solo lo zampillare, il luccichio della cerniera, il fronzolo allegro del pendaglio.
Non mi ha visto ieri, al rientro da scuola, la lite di Patrick e Sarah che vogliono appoggiare la stessa mano sullo stesso punto del manico idiota di un passeggino. Si contendono il passo, si contendono un parco, un gioco, la merenda, la tv.
Non ha ascoltato stamane, lui che canta troppo forte, le va addosso di continuo, la sfida, lei che non chiede: protesta. Io che invece di placare aggiungo un altro grido.
Non ha sentito come ogni suono usciva in forma di lamento, non ha visto Mathias giocare coi figli, provare, sedare. E poi un pranzo attorno al desco, provocazioni e musi per un cibo un piatto un colore un odore un’attesa.
Vede il frammento serale di un sabato che si è plasmato senza lievito, che chissà come più infornavi e più bruciava, che sei adulto e quelli sono solo bambini, eppure non vinci non riesci ti sfugge ogni cosa. Non sa del nostro malcontento, dei tentativi sfiancati, calmarli, capirli, non capirli, sopportare reagire premiare, distrarre giocare punire.
Ora mi guarda mentre spinge la porta per portarsi fuori, la donna sottile, sottile espressione: ci abbiamo messo ore perfino per uscire, venire “dai cinesi” a comprare quattro cose.
Come siamo belli adesso. Come siamo belli visti da lì.
Siamo tutti così, così son tutti: attimi negli occhi di chi guarda. Un fotogramma rubato, l’anello di un albero che cresce vicino e lontano.
Com’è facile un secondo, quanto è grande un dettaglio.
Commenti 8
Ogni tanto è bello vedersi così, sentirsi così, essere così. Imparare a godere dei momenti di calma, per affrontare il delirio della moltitudine degli altri… Le foto nei blog hanno spesso questo effetto: colgono un attimo di pura felicità e lo fermano, lo fissano e agli occhi di chi guarda lo dilatano, dando l’immagine distorta di una costante armonia e serenità. La realtà spesso è diversa: quanti capricci sedati, discussioni per il posto al tavolo, per chi deve iniziare si nascondono dietro ad ogni mio lavoretto!
Come mi rispecchio nei tuoi racconti!
Esther
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In effetti a volte dimentichiamo che dietro a tutti i quadretti “perfetti” ci sono famiglie comuni, e la mia non è da meno (e nemmeno “da più”)… Ma è vero anche il contrario, forse: il sorriso di quella donna per un attimo ha rimesso a fuoco la meraviglia di certi momenti ordinari eppure felici. Grazie Esther!
È vero…se solo gli altri sapessero…ma forse sanno, sanno che nessuna famiglia è perfetta e che ogni dietro momento felice ce ne sono un sacco di tristi, duri, sfiancanti! Forse sanno e per questo sorridono con noi quando ci vedono felici…
Complimenti e buona serata!
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Ciao, grazie! Sì, forse lo sanno, hai ragione. In ogni caso ti auguro molti momenti di questi, e molta ironia e pazienza per quelli più duri: io sono un po’ carente 🙁
ho capito perché piango quando ti leggo….hai la capacità di descrivere il mio umore, i miei pensieri…spesso lo fai con una puntualità disarmante…il tuo articolo per maternità ha descritto in pieno la frustrazione che provo a dividermi per tre e sentire di non bastare a nessuno…oggi leggendoti ho sentito tutta la pesantezza di certe giornate , di quelle in cui come dici, più inforni, più tutto brucia….è come se mi leggessi nell’ animo a volte…ti sono vicina, vicina, vicina…..grazie…
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Cara Giò… come vedi i giorni duri arrivano per tutti: come ti dicevo c’è solo chi lo ammette e chi no, chi magari riesce a fregarsene con più facilità. Io a dire il vero anche quando la prendo con leggerezza poi soccombo comunque. Credo sia indole. E anche una questione numerica di prole. E tu lo sia bene. Grazie, tieni duro, so che per te, lontana, è ancora più difficile. Bacio
anche se tu conosci tutto il film della giornata e della vita e non il singolo fotogramma, saperlo negli occhi degli sconosciuti è di conforto; anche perché ti serve a renderti conto che gli istanti felici, persi dentro al sudore delle ascelle, ci sono eccome!
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Vero, l’utilità di uscire e specchiarsi negli altri…