Ha ripreso con le nausee, i crolli. Chiamali come vuoi, dottore, chiamali attivazioni emotive, usa il tuo linguaggio arguto e accademico, strapazza due genitori rimasti accanto a un cesso mezzora, stamattina. Lui la teneva ferma, io infilavo le maniche, i capelli restavano così, in mezzo, li tiravo senza volerlo
Esco, m’incazzo e torno
Oggi, a parità di iniziativa, m’infilo nel limbo, accanto a me un’altra mamma. Siamo sole. In due minuti e quaranta secondi ho modo di constatare quanto segue:
– A mio figlio scappa violentemente la pipì, visto che resta aggrappato incessantemente al suo “perno vitale”.
– Il suo maestro è meno coraggioso della maestra di danza, infatti dopo un minuto esce, chiude la porta, infilando giusto il mento proteso a segnalarci: “I genitori devono aspettare fuori. È la dirigente che vuole così. Non voglio essere ripreso.” E per “ripreso” è subito chiaro che non intendeva a livello video.
“Anticipo” comincia come “antipatico”
Dicono che nella vita ogni tanto bisogna cambiare il punto di vista. Come ne L’attimo fuggente. Il professore saliva in cattedra e da lì il panorama era tutto diverso. E allora siccome è sempre lui a portarli a scuola e poi va dritto in ufficio, questa mattina schiodo io. E capisco un sacco di cose.
Innanzitutto l’attimo è proprio fuggente: – Ma voi, quindi, volete dirmi che uscite ogni giorno con questo freddo?
Le cose dei grandi
Non vedevi l’ora di metterlo, quel grembiule, lo sistemi camminando, sotto la cartella gigantesca. Goditelo, sarà la sola volta che è stirato, perché è nuovo.
Sai cosa t’invidio di più al mondo? La curiosità buona. Le novità per te sono magie. Hai abbassato il mento una sola volta, e nemmeno l’ho capito, lì fuori nel grande piazzale, se era per paura o per il sole.
Hai quella coda alta e fiera come te, un fuoco d’artificio, un entusiasmo di capelli.
Il cielo da una bocca di lupo
Ai miei tempi erano pochi gli sfigati che restavano a scuola fino alle 4 e mezzo, il famigerato doposcuola dei figli di madri lavoratrici. Però facevano i compiti. E uscivano in cortile. E quando tornavano a casa potevano giocare. Adesso no. Adesso siamo attenti a tutto. Tutto a misura di bambino. Però poi gli diamo un orario lavorativo (non certo a misura di bambino), i compiti la sera. E nessuno dice niente.
Gli togliamo il giardino, gli vietiamo di scatenarsi. Otto ore di scuola e il gioco libero è il giro dell’oca, seduti. La raccolta dei Cucciolotti.
Vogliamo i figli cavia, i criceti nella gabbietta.
Che shock il ripasso
…Sulla pagina 26 un esercizio invita a scrivere una parola che cominci con ogni lettera dell’alfabeto. Dando il LA con le prime tre: A come aquilone, B come balena, C come castagna. Così recita l’etichetta.
Dietro alla famigerata etichetta, però, s’intuisce in controluce o si legge chiaramente – per i più arditi che scollino il rattoppo – quanto segue:
A come accetta che ti voglio dare in testa…
“Istruzione” non fa rima con “informazione”
La Signorina S. confabula al parco giochi. Qualche genitore, classi diverse da quella di suo figlio.
“Tu non hai letto la lettera di C. al fondo dei quaderni? Pare che se ne vada.”
Il giorno delle pagelle (che ormai si chiamano “schede”) siamo entrati uno a uno, o due a due – nel caso di genitori in coppia, come noi – : “Buonasera”, stretta di mano, le due maestre sorridono. Niente da dire, Patrick è bravo, file di 10 campeggiano ordinate come truppe, in mezzo si nasconde un solo 9 in educazione all’immagine, che non sia un Picasso l’avevamo intuito.
C. nel suo vestito salmone, le zeppe che la slanciano…
La scuola è finita: andate in pace
…Il vero guaio è che, per la prima volta, stiamo parlando di ben 3 mesi. E che, per quanto ami i miei figli, sono una madre, non sono un cammello: non è che posso fare scorta di bambini, un’abbuffata di tempo insieme, le riserve in vista dell’inverno…
Storia di pianti e di giacche a vento
Mi ricordo io, una volta che ho pianto a scuola. Solo che ero più grande.
Avevo preso troppo sole, vanità ingenua, nessuno mi aveva obbligata alle creme solari: a tremila metri il sole di Pasqua percuote come fosse arrabbiato. Ma a me piaceva: mi piaceva quella luce irresistibile, il bianco assoluto della neve e dei ghiacci. Mi piaceva la pelle che iniziava a tirare: “Fai così” dico a mio fratello spingendo il naso col dito…
La guerra inutile di carta e sapone
…D’altro canto, perché vaccinarsi, disinfettare il bucato, inacidire i pavimenti di antibatterici, se poi si sparpagliano su giochi e cibo quelle ditine adorabili che hanno toccato ogni sorta di muco, terra, ogni parte del corpo e sua possibile produzione biologica?
Eppure, mi si riferisce, a scuola il sapone è non solo merce rara, ma va cercato, tipo i tartufi…
Il tempo degli elogi
…Qual è il tempo di dire a tuo figlio: “Non è bello, prova a rifarlo”?
L’abbiamo corretto, quando sbagliava. Sgridato, educato, ripreso, punito, quando disobbediva a regole che riteniamo importanti. Però i suoi piccoli sforzi, i suoi lavoretti creativi, i tentativi di imitarci e fare da solo, lo slancio di apprendere, quelli li abbiamo elogiati, sempre, senza ritegno né attenuanti. Abbiamo visto un bicchiere mezzo pieno dove c’era una sola, timida goccia sul fondo. Uno scultore esperto in una palla sbilenca di plastilina…
Il primo giorno di scuola
La cartella è grande, i suoi spigoli gli sporgono dalle spalle come timide ali chiuse. Com’era grande l’ovetto, uscendo dalla clinica, lui che ci si perde dentro. Il lettino con le sbarre, le prime volte. Le mie braccia, perfino quelle, intorno a un corpo che ancora non conosce il mondo. Perché è così, che tutto il nuovo comincia: grande. Patrick …
Un giorno
Domani.
Rideranno di me alcune. Le madri che hanno obbedito al lavoro, necessità o scelta. Che da subito sapevano di non poter restare troppo a lungo con i loro piccoli a tempo pieno. Le donne tutte d’un pezzo. Mia madre. Rideranno coloro che non hanno coraggio, che chiamano drammi i sentimenti. Quelli che non hanno tempo per la malinconia, che…