C’è una certa concitazione, in questi giorni. Sembra che chiude la vita, a fine maggio, tutti a sbrigare faccende e fare bilanci. Noi, in particolare, slalomando tra un saggio e l’altro e imprevisti in dosi non omeopatiche, solo adesso cominciamo ad affannarci per tutte quelle cose insolute che ti vien voglia di risolvere prima delle ferie. Così, per partire senza rimorsi. Tipo sfoltire le piante del giardino che un tempo erano decorosamente recise, regolate e annaffiate, e adesso soccombono al caldo come giganti sfibrati, svettando insicure e spennate fino ai comignoli dei condomini a dieci piani sullo sfondo. Ma un giardiniere va chiamato, chiesto il preventivo, fissato l’incontro. E insomma sì, no. E le siepi aspettano.
Tipo il giardino stesso che lui (Mathias) una volta in un lancio mal riuscito propose di sintetizzare ossia coprire di erba finta. Ma non avendoglielo lasciato fare si arrangia (il prato, oltre al marito) come può, con incerte zolle secche a macchia di leopardo tra foreste di gramigna.
Tipo richiedere il rimborso all’Assicurazione medica, che fai due conti e ti ci paghi le vacanze, con quello che ti tornerebbe. Se avessi voglia di avere tempo. Di scartabellare tra fatture e impegnative mediche. E poi inviare il malloppo.
Ma i due leitmotiv degli ultimi giorni sono il letto a castello da comprare ai bambini e il viaggio imminente in Alto Adige. Sui quali il marito fa un po’ di confusione.
– Sto guardando San Vigilio.
– Cosa?
– No, non per il letto. Per il tempo. In pratica è bello fino a quando arriviamo. E torna bello quando veniamo via. C’è la nuvola con la saetta del temporale per cinque giorni: i nostri.
C’è da dire che un’azione semplice come acquistare il letto, tolte le mille seghe di quanto è alto?, è troppo lungo, ma i materassi?, ma questo è caro…, è resa impervia da un piccolo particolare: sbarazzarci del Santo Divano giallo nella camera dei bambini di cui abbiamo rimandato l’abbandono per anni lunghissimi, sempre attaccati alla scusa dei loro giochi, di un facile allattamento “mentre guardo gli altri”, nonché di un indescrivibile affetto.
Rinnovare la camera è la sintesi esatta della maternità: per fare una cosa devi prima farne un’altra, per eseguire la quale devi prima farne un’altra ancora.
Funziona così per tutto, dal comprare vestiti (libera l’armadio da quelli vecchi), ai giochi, alle azioni più semplici (per farti una doccia devi prima dedicarti a un figlio, per giocare con lui devi prima abbeverare l’altro, prima di abbeverare l’altro devi pulire il terzo).
E poi. Come cazzo ci è entrato sto divano qui dentro? Perché io non me lo ricordo. Ci vuole qualcuno che lo cavi fuori.
Comunque. Alla discarica no. Se lo fai, fallo di nascosto. In vendita ci abbiamo provato: non se l’è filato nessuno. Poi l’annuncio è scaduto e l’amore è rifiorito più forte di prima. Magari a qualche associazione?
Intanto partiamo dal semplice: da due anni per salvare un po’ di sanità mentale alla sottoscritta affidiamo Patrick alle cure dell’oratorio estivo. Quest’anno anche Sarah.
Patrick preme per iscriversi: ha l’urgenza di chi “tolto il dente tolto il dolore”. Sarah ha già dichiaratamente espresso il suo dissenso.
– Ma alla vostra età non siete più fatti per stare a casa tutto il giorno con mamma – ho tentato di convincerli.
Sebbene non brilliamo che di luce riflessa (genitori molto credenti e figlia ormai scolorita) di fronte a un discreto sostegno monetario e sospinto da un noto proselitismo il don accoglie anche le richieste più fuori-sede. Certo – osservo – se poi gli daremo anche Isabelle tra qualche anno, bisogna che ne battezziamo almeno uno.
– Vado – mi dice lui affrontando l’afa delle quattro con i due candidati.
– Senti… semmai ci fossero difficoltà: tu digli che hai un divano.
Commenti 5
Ah, quanto è difficile sbarazzarsi di quei mobili vecchi, non più necessari, che però hanno accompagnato e osservato tante fasi della tua vita. La sensazione è ogni volta quella di tradire un vecchio amico. Io vado a fasi alterne: butto, butto la qualunque per far spazio, salvo poi pentirmene e sgattaiolare a salvare dal mucchio qualche oggetto particolarmente caro (e inutile).
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Questo divano è storia. Quando uscirà di casa (comunque sarà) io sarò fuori a sbronzarmi :p
Ti capisco benissimo! Ho appena finito di ripulire l’armadio. Ho buttato tante cose materiali, i ricordi li porto nel cuore.
Altrimenti impazzivo.
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… e non è che facendo pulizie adesso hai posto per un divano lungo 2 metri? 😉 Grazie Priscilla!
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