Certo, ha dell’assurdo, ma il mio impegno di oggi sarà – piccola permettendo – come insegnarle ad accettare il ciuccio.
La vita è un paradosso: stiamo lottando perché Sarah smetta il succhiotto, e perché Isabelle lo prenda.
Quattro anni (quasi) vs sette mesi (e rotti), vs innumerevoli specie di questo gadget salva-genitori, che carosellano su mensole, mobili, letti e bauli, supplicanti.
Mi rendo conto di essere probabilmente impopolare, nei padiglioni auricolari già avverto il formicolare insistente di mille piccole voci: “Meglio, no? Così non farai fatica a toglierlo!”
I pro sono decisamente più numerosi dei contro: non si danneggiano i denti (qualcuno voglia per cortesia illustrarmi in che modo posso danneggiare i denti da latte, che tanto poi cadono…), non si rischiano ritardi del linguaggio, non si lotta per farlo abbandonare. E, non ultimo, le foto sono più belle, con un sorriso sgargiante e libero, senza museruola.
Peccato che la sola, unica e sparuta qualità dell’ammennicolo sia di portata spietatamente superiore: il ciuccio calma. Non a caso gli americani lo chiamano pacifier.
Sul fronte dismissione abbiamo letteralmente comprato Sarah: “Sarah, se smetti il ciuccio ti prendiamo un regalo. Uno che scegli tu.”
Bando alle minacce, alle brutte sorprese traumatizzanti della serie “il lupo se l’è portato via”, inutile anche la via della maturità: “Sarah, sei grande, il ciuccio non serve più. Non vuoi diventare grande?” “No.” Concetti che esuberano dalla sua testa di boccoli fru fru. Optiamo quindi per una minaccia al contrario, sotto le ingannevoli spoglie di un compromesso o perfino di un premio. Perché, in effetti, dicono che le frasi col “se” siano infelici coi figli, ma in ogni caso il patto siglato, mettila come vuoi, vuol dire: “Leva sto ciuccio, se no niente regalo.”
E con la modica spesa di 26 euro di Lego Friends ce la caviamo: una scatola gremita di minuscoli pezzettini che ci vuole il lego-detector per ripulire la stanza prima che ci entri la piccola Isabelle ingoia-tutto. E con questo scatto stimolante arriviamo a metà strada: il succhiotto di giorno non si usa più, ma la notte… la notte… “Mamma, la nanna è troppo lunga, mi viene il magone.” E sia. Ma solo la notte.
Sull’altro fronte, per contro, le cose vanno molto, molto peggio.
Il primo mese di vita è sconsigliato introdurre nella bocca del neonato qualsiasi cosa che non sia un capezzolo (pare). Per evitare confusione. Ma, attenzione: anche aspettare troppo può portarvi in un pericoloso cul-de-sac.
Non chiamiamolo vizio, a sette mesi i bebè non manipolano i genitori. Il vero vizio è il mio, che per fare presto, di giorno e di notte, attacco la piccola al seno. I naturisti più accaniti mi difendono: è una crudeltà cercare un surrogato artificiale alla dolcezza del calore materno. Io stessa professo la magia dell’allattamento al seno, l’intimità di quel tutto-nostro-solo-nostro, ma quando, al terzo risveglio notturno, Isabelle sbatte le gambe in stile libero nuotando letteralmente sulla mia pancia, e strattonando il capezzolo come un chewing-gum, inizio a chiedermi se anche lei sia poi così soddisfatta di questo sistema. Ché mi pare, in certe occasioni, non gliene possa fregar di meno.
Parlarle dolcemente? Canticchiare alle tre del mattino? Tenerla semplicemente nel letto con sé? Impossibile, si mette a carponi e parte in esplorazione.
Prenderla in braccio, cullarla? Nemmeno: per trattenerla devi usare la forza.
E allora, se il ciuccio è un infelice surrogato di mamma, qual è il crimine, se neanche mamma è così interessante?
Leggo: insistere, intingere il ciuccio in qualche sostanza calmante e naturale, tenerglielo con la mano ma senza forzare, desistere.
Dai, dimmi la verità: sei troppo grande per certe cose, ormai, non è vero? Dal pediatra, se cadi, se sei stanca, se sei malata, se sei sversa, in macchina nei viaggi lunghi, ma anche in quelli corti… ti calmi senza ausili, no? In fondo, da quando hai assaggiato l’ebrezza dei cibi solidi, pure la tetta ti entusiasma poco. Stai a vedere che per calmarti forse mi funziona una vasca di omogeneizzato o un trancio di pizza. Dovrei provarci. Oppure girare per casa con un ciuccio in bocca: dicono che i piccoli apprendono per imitazione…
Ora ti lascio per terra a giocare: ho tolto tutto, crudelmente, ti ho lasciato solo succhiotti. Così, per familiarizzare: vediamo se ho successo.
Altrimenti una cosa è certa: non avrai una scatola di Lego Friends.
Ps: e invece l’ho ritrovata dall’altra parte del salotto. A giocare coi buchi di una presa…
Commenti 1
Anch’io ho avuto gli stessi problemi con il ciuccio!