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Maternità

14 lettere

CAPRIOLE O NO, SOLITUDINI O MENO: L’ASILO È UN OTTIMO INIZIO

 

Guarda che non è così terribile. Vuol solo dire che ti sputo nel mondo un’altra volta, Isabelle. Come quando sei nata. Uscirai da una casa, dalle mie braccia, da queste stanze e da questi giorni noti. Così come sei uscita dal mio ventre tre anni fa. E non si torna indietro. Nemmeno questa volta. Comincerai il mondo.

A me è questo che scuote. A tua mamma le definitività fanno quell’effetto lì: si guarda i piedi anziché guardare avanti.

E invece l’asilo è una bella cosa. Un inizio coi sacri crismi. Fidati.

Tra le due quella schiaffata in qualcosa di vago sono io: in una casa tutta vuota che dentro ci annegherò, dopo 9 anni di figli. A te va anche bene: sarai in orbita tra una casetta della barbie e un corteo di amichette. A me che bambole restano? Le tue: che dormiranno aspettandoti.

In queste ultime settimane ho provato a prepararti. Ho fatto una cosa pedagogically-incorrect, ti ho detto: “Quando sarai all’asilo mangerò da sola, tutta sola, come farò?”

Ridacchiavo sopra il mio piatto. Di là, tu, ridevi un po’ meno. E non so come, ti sei presa questa frase, te la sei messa in tasca e adesso me la sfoderi alla prima occasione.

“Va’ che sei grande, è bello andare a scuola.”
“No, non sono gande! Sono piccola!”

E poi sul ponte sopra la strada dove correvano le auto che tu un po’ guardavi e un po’ no perché sei abituata al piano terra e i tuoi 96 centimetri non aiutano ad abituarsi alle altezze, la mano stritolata nella mia: “Ma a scuola ti divertirai da matti.”

“Sì, con Kick e Sarah.”
“No, amore: Kick e Sarah vanno in un’altra scuola, quella dei grandi.”
“Ma io sono gande!”

(C’è anche l’escamotage della capriola: “Io non vojo andae a scuola, pecché la maestra mi fa fare le capriole. Io non so fare le capriole!”)

All’ultimo mio approccio hai tentato con la tenerezza apprensiva: “Non posso andare all’asilo, pecché se no tu resti da sola.”

Eccola lì.

E comunque.
Tuo padre e io ci siamo messi al suo Mac, poco fa. La trafila come sempre era sufficientemente lunga da permettere alcune lacune alla mia determinazione: in più occasioni ho sperato che crashasse il Mac. Quando siamo arrivati alla nota sulla refezione la dicitura “la mensa è obbligatoria, si dichiara di accettare” non ho potuto che sorridere. E poi varie cose, religione sì, fratelli due, nella scuola accanto, punteggi… Situazione lavorativa: “massaia” non c’era, “blogger per ottimismo” nemmeno, “aspirante scrittrice” neppure. Cosa dici? “In cerca di occupazione” non è neanche vero. Occupata però lo sono, sono pure pre-occupata, cioè mi occupo prima, io. Che non si sa mai.

“Ecco, iscrizione fatta.”

Lui (tuo padre) non sorride né si emoziona. A loro – gli uomini – certe cose gli van giù così, come un boccale di birra. Senza nemmeno lo sfogo di un rutto, lui.

“Hmmm. E non si può ritirare?”

Certo, scherzo. Tanto le cose a pc sono un po’ come tutto il mondo virtuale: tanto finché non ti vedrò dentro a quell’edificio bassotto coi grandi vetri, e rivedrò anni dei tuoi fratelli, e ripenserò che eri nel pancione e poi trotterellavi e adesso hai un armadietto col nome e la tua faccia incollata sopra e sei una testolina in mezzo a testoline, in mezzo al mondo, in mezzo… Finché sei qui il tuo nome nella domanda d’iscrizione è solo quattordici lettere, amore mio. Quattordici lettere e uno spazio.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 6

  1. francescamozzi

    Ti leggo e resto sospesa tra la tenerezza e quella definizione di me che non c’è sulle schede d’iscrizione e che fatico a trovare. In bocca al lupo per il prossimo inizio…anche se ancora appare lontano

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  2. Dindalon

    Mamma, come ti capisco, ma già lo sai. Mi si è stretto il cuore immaginando la tua Isabelle lì, tra tante testoline. Ho rivissuto l’immagine di Beatrice di qualche mese fa. Sob.
    Ps: sono incoraggiante, eh? 😉

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