SE NON SIETE D’ACCORDO, VI INVITO A RIFLETTERE. SE SIETE D’ACCORDO, VI INVITO A DIFFONDERE
Cari mamme e papà,
quando, lunedì, ho chiesto a Patrick come mai non avesse studiato geografia per il giorno dopo già nel weekend, così da non ridursi alla sera del giorno feriale, mi ha risposto: “Perché avevo già troppi compiti!”
Ripenso alla prima elementare: le prime volte che aveva dei compiti da fare nel fine settimana, li faceva subito, alle 5 del venerdì. Aveva paura, era ossessivo, puntiglioso. A poco serviva cercare di rassicurarlo, dirgli che c’era tempo. Bene: negli anni il suo atteggiamento puntiglioso e a volte ancora ossessivo e timoroso NON è cambiato. Eppure non ha più l’urgenza di fare i compiti né l’entusiasmo.
Una volta pensavo anche io che i compiti fossero necessari. Forse, in realtà, non me lo domandavo neppure: chi di noi è cresciuto senza compiti? I compiti sono una cosa normale, necessaria. Ma è pur vero che noi tornavamo da scuola a mezzogiorno e mezzo. I pochi che si fermavano al doposcuola passavano il pomeriggio con attività ricreative (non di studio) e facevano i compiti là.
Ora, con una scuola che impegna i bambini 40 ore a settimana (l’equivalente di un lavoro “regolare”), dovrebbe non solo esserci il tempo di assorbire le lezioni ed esercitarsi in aula, ma sarebbe doveroso lasciare il poco tempo residuo (quello a casa) per il riposo, il gioco, la famiglia. Weekend inclusi.
Numerose ricerche confermano che, almeno nella scuola dell’obbligo (e, tanto più, in quella primaria), i compiti sono inutili. Confermano altresì che subissare gli alunni di studio non li rende più istruiti, ma, al contrario, li esaspera. Li “abbuffa” senza nutrirli con efficacia.
Non è forse la stessa cosa con l’educazione? Imbottire i figli di nozioni è l’equivalente di imbottirli di regole. Ci vuole la misura. Poche cose alla volta, fatte bene, di cui fare esperienza, assimilandole.
Vorrei che provaste a riflettere sulla questione, se ancora non l’avete fatto.
Vorrei che i nostri figli, il sabato e la domenica, potessero essere bambini. Non alunni a tempo pieno. Che potessero guardare mamma e papà senza chiedersi: “Perché voi potete riposare e io devo studiare?”. Vorrei che la famiglia potesse organizzare di fare mille cose. Oppure nessuna. E che, in questa scelta, fosse libera, non condizionata da un estenuante “dobbiamo tornare a casa perché lui/lei deve studiare.” Una famiglia ha il diritto di essere padrona indiscussa della propria vita e del proprio tempo fuori da quello scolastico.
Vorrei che la sera, alle cinque, quando tornano a casa, i bambini potessero giocare coi fratelli, fare sport, fare altro. Dopo otto ore a scuola (che sono state imposte – ricordiamolo – non per il loro bene, ma per permettere ai genitori di lavorare), credo se lo meritino. Credo che glielo dobbiamo.
Vorrei ricordare che la scuola è un’istituzione PER il cittadino. Non il contrario. Forse, possiamo fare qualcosa.
Non siete pronti per una visione così diversa da quella con cui siamo cresciuti? Bene, è ora di cambiare. Anche certe attenzioni ai piccoli, la promozione dell’allattamento, l’allattamento prolungato, il co-sleeping, l’invito a giocare coi nostri bambini, le nuove tecnologie, i seggiolini omologati, i caschetti per la bici, le etichette nutrizionali, i padri che preparano pappine e cambiano pannolini: anche tutte queste cose, anni fa, erano impensabili. Oggi le diamo per assodate.
Mi scuso per la lunghezza di questa mail. Ci sarebbe un altro milione di cose da dire. Vi allego un paio di documenti sulla problematica:
http://www.bambinonaturale.it/2016/09/i-compiti-a-casa-dei-bambini-sono-inutili-ora-e-certezza
Grazie per il vostro tempo, attendo le vostre osservazioni,
Maddalena Capra Lebout, mamma di Patrick e Sarah
“Ai miei tempi erano pochi gli sfigati che restavano a scuola fino alle 4 e mezzo, il famigerato doposcuola dei figli di madri lavoratrici. Però facevano i compiti. E uscivano in cortile. E quando tornavano a casa potevano giocare. Adesso no. Adesso siamo attenti a tutto. Tutto a misura di bambino: il seggiolino omologato, il passeggino combinabile, futurista. L’indumentino giusto, il cappellino traspirante, il pannolino all’aloe. Stiamo attenti a come parliamo, non alziamo le mani, se ci scappa un grido la vicina chiama i servizi sociali. Se la S sibila siamo già dal logopedista. L’inglese, lo schermo multimediale, internet. Però poi gli diamo un orario lavorativo (non certo a misura di bambino), i compiti la sera. E nessuno dice niente.”
(https://www.pensierirotondi.com/il-cielo-da-una-bocca-di-lupo/)
NOTA: questo è il testo della mail inviata ai genitori della classe terza di mio figlio (scuola primaria). Se non siete d’accordo, vi invito a riflettere. Se siete d’accordo, vi invito a diffondere. Se citate la fonte, vi ringrazio.
Commenti 10
Credo che se dati in maniera equilibrata i compiti non siano da condannare. Il problema è trovare un giusto equilibrio che tenga conto degli orari dilatati, del diritto al tempo per il gioco (alle elementari è fondamentale), a coltivare delle passioni e a stare in famiglia.
Con il mio grande i primi 5 anni sono volati, c’è sempre stata ragionevolezza e comprensione da parte delle insegnanti e impegno ed entusiasmo da parte sua. Il piccolo ha appena iniziato, fa tempo pieno anche lui e in settimana per ora non ha nulla, ma nel weekend sono sommersi… ho già tirato su le antenne.
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Ciao, grazie per il tuo contributo. Oggi la scuola in teoria prevede la possibilità di offrire sia il tempo cosiddetto “normale”, sia quello “pieno”. Peccato che, nella pratica, le classi a tempo normale non vengano formate per “mancanza di adesioni” (perché spesso entrambi i genitori lavorano e, quindi, anche chi potrebbe scegliere il tempo normale deve obbligatoriamente accettare quello pieno). Detto questo, per me i compiti sono utili, ripetere una lezione è utile, sapersi gestire, diventare responsabili, è utile. Il punto è: queste cose si possono fare e vanno fatte in aula. Se i due tipi di offerta formativa (tempo normale e tempo pieno) prevedono lo stesso programma ministeriale… cosa fa la scuola a tempo pieno tutti i pomeriggi? Cosa ne fa di quelle ore in più? Come è possibile che, dopo 40 ore, serva altro tempo per i compiti?
La scuola a tempo pieno consente di trattare gli argomenti in modo più approfondito, cosa che sicuramente gli alunni del tempo normale possono fare a casa. Durante la settimana non vengono assegnati compiti scritti (parlo delle mie esperienze ovviamente)perché il tempo scuola è più che sufficiente. Durante il week end vengono assegnati dei compiti che al massimo in un paio d’ore possono essere svolti tranquillamente. Io sono favorevole ai compiti purché dati in modo equilibrato in modo tale che non portino via troppo tempo e che i bambini possano svolgerli autonomamente.
Author
Dalla terza elementare vengono assegnate materie orali da studiare nei giorni feriali. In quei giorni un bambino arriva a casa alle 5, se ha catechismo o una qualsivoglia attività di quelle che l’orario standard non offre (artistica o sportiva), arriva anche dopo le 6. Nel fine settimana resto dell’idea che non sia giusto non dare ai bambini il diritto di riposarsi esattamente come fa la maggior parte dei loro genitori. Per me due ore sono già troppe. Ma grazie per la tua opinione.
Sono d’accordo con te. E poi : ci sono bambini che in un’ora svolgono i compiti, altri che per mille motivi sono più lenti, vogliamo tenerne conto? Oppure bisogna a tutti i costi non lasciare loro il tempo di far altro??? Hanno davanti tanti e tanti anni di scuola e ricordiamoci che giocare è un loro diritto come pure fare sport ed altre attività ricreative.
Author
Mi fa molto piacere che tu sia d’accordo 🙂 Purtroppo siamo in pochi a pensarla così: ci sono vecchie credenze dure a morire. E poi… come giustamente dici tu, ogni bambino ha i suoi tempi, ma quello che allarma è che non credo le maestre conteggino mai questi tempi. Adesso, che ogni classe ha una rosa di insegnanti, ognuno si limita a pensare per sé, senza calcolare quanto impegno richieda ciò che assegna, e senza tener conto di quanto gli altri, a loro volta, hanno assegnato.
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