È vero, a volte farei volentieri a meno dei figli. A casa, o fuori. Per esempio quando dopo due passi Sarah commenta “mamma sono stancaaa”, o quando devi avere occhi per tutti nello slalom salva-scarpe tra le sporcizie di cani. O, ancora, quando hai voglia di camminare a una certa, consistente velocità, e lotti tra l’egoismo che ti allunga il passo in cerca delle gloriose corse di gioventù, e l’istinto materno o il semplice buonsenso dettato da un subliminale galateo genitoriale che t’induce, all’opposto, a rallentare inverosimilmente nell’attesa dei piccoli anatroccoli al tuo seguito.
Eppure, per quanto sembri difficile nel caso di una full-time-mom come me, accade anche l’opposto: che pagheresti per avere i tuoi pargoli accanto, mentre invece sei inesorabilmente sola. Non mi riferisco ai casi limite tipo vacanze in colonia (mai fatte) o con l’oratorio (ma ti pare?) o con la scuola (qui ho già dato, ed è stato logorante sopportare l’assenza: non scherzo). Mi riferisco a quelle volte che, per caso, s’incrociano piccole meraviglie.
Oggi, dopo un quarto d’ora di passeggiata, già abbastanza a mollo nei pensieri da non curarmi quasi più dell’intorno, sulla stradina che percorre il parco delle cave, ho dovuto rallentare e fermarmi per permettere l’attraversamento di una tartaruga. Poco importa, mi sarei fermata comunque, per lo stupore.
E adesso a chi lo dico?
Sgrano gli occhi, scruto nella carrozzina: Isabelle dorme beata, nel suo completino di fragole e gattini, e, in ogni caso, posso ragionevolmente supporre che non resterebbe propriamente disarmata alla visione di quel guscio con le zampe. Patrick e Sarah sono a scuola e io, sciocca refrattaria alla tecnologia, ho un nokietto modello base che di mestiere fa esclusivamente (e già quello gli riesce così così) il telefonino, per cui non posso nemmeno scattare una foto. Mi affiderò al mio strumento prediletto, la parola: racconterò ai bambini l’avventura di una tartaruga che ha attraversato la mattinata come una piccola magia. Però, mentre osservo la bestiola procedere con una flemma che tutti dovremmo invidiarle, mi sento gli occhi che saltano, fremono, vanno a spasso a cercare a chi dirlo.
Solo due vecchie condividono la scena, gli occhiali spessi, il passo curvo sotto la schiena: “Cos’è quella roba lì?”
Mi affretto a rispondere al quesito prima che ci inciampino: “Una tartaruga!” esclamo ancora nel vivo dello stupore.
“Poverina!”: la vecchia più vecchia ribatte con la dolcezza della sua età, la prende con entrambe le mani, l’adagia sull’erba per metterla in salvo da orde di corridori che solo lei ha visto. Penso che così dovrò tenermi da sola la mia piccola meraviglia: nessun altro avrà la stessa sorpresa.
Riprendo la strada, vorrei dirlo a chi incontro: a questo, per esempio, la maglia lunga e il fiato corto, oppure al signorotto lì dietro. A quelle due anime che si disperdono nel parco a quest’ora di mezza giornata. Mi prenderebbero per pazza. Ma sono solo una mamma: tutte le mamme hanno, nei propri occhi, un po’ degli occhi dei loro bambini.
E adesso a chi lo dico?
Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!