COSÌ SI INSEGNA: A FARE I CONTI CON L’AMORE
Grazie per essere venute. Alla Fine. Coi vostri tempi.
La Dandini scrisse «Grazie per quella volta»: era una raccolta di aneddoti. Le rubo il titolo.
«Quella volta» è oggi.
Ed era così importante che adesso, ad averla, la ammetto indispensabile.
«Quella volta» è voi due maestre della materna, il viso come banditi e i vestiti lunghi che sperano di bastare all’afa. Ma le mascherine poi se ne andranno sotto al mento.
Una di voi ha quella chirurgica, e un po’ d’amore, oltre al gesto di esserci, finalmente, trasuda nel pennarello: nomi dei vostri remigini. Uno a uno, scritti lì sopra.
Come quella sera che io tracciavo il quartiere dei primi passi proibiti e sulla mia maschera scrivevo #liberateibambini. Care maestre, oggi i bambini li avete liberati voi.
Coi vostri tempi, coi vostri modi, forse anche un po’… con le mie battaglie. Con le paure che poi fanno i conti con l’amore.
E così si insegna: a fare i conti con l’amore.
Fateli sempre, i conti con l’amore.
Quando state per parlare, quando vi nascondete, quando state per urlare. Quando combattete e quando decidete di non combattere affatto, o di non combattere più. Quando, sotto, qualcosa ritorna. Quando vi affidate.
Quando vi seppellite in due righi come questi di un fremito che arriva anche se ci sono 38 gradi, se luglio ha la febbre.
L’amore, la febbre, ce l’ha sempre.
E i bambini erano meravigliosi. Lupacchiotti sudati. Maglie da far vedere. Racconti da dire.
Maestre da stringere piano, solo sul finire. Quando hanno avuto quel tempo necessario per crederci: che eravate lì, per loro.
Coi nomi sulla mascherina. Con un ricordo giallo come la vostra classe, per ognuno. Le foto. Il sorriso che sbraca sotto la carta.
Così si insegna: a fare i conti con l’amore.
Come «quella volta». Che adesso possiamo puntare a chiudere una frase. Un anno interrogativo.
Grazie.
Commenti 2
Che bello che, seppur tardi, seppur non spontaneamente, seppur caute, alla fine ci siano state. Per Isabel e gli altri alunni, che dovrebbero sentire un po’ figli.
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Sì, mi ha ridato anche fiducia. 🙂