LA CAMPAGNA È OTTUSA. LA REAZIONE, ANCHE
Quando ho parlato del fertility day a mio padre – che ancora non ne sapeva niente – e a mio cugino – che abita stabilmente in America da molti anni – davanti a noi c’era ancora la tavola imbandita del pranzo, qualche bicchiere, gli avanzi di vino. Sopra di noi c’era un pergolato verde di edera. E la risposta unanime, al maschile, è stata: “Finalmente si tromba!”
I bicchieri non hanno fiatato, l’edera non si è seccata. Il pergolato non ha tremato d’un soffio.
Ora, non voglio dilungarmi (né prodigarmi) sul flop della campagna che, a quanto pare (mi spiace per gli uomini di cui sopra e – se le statistiche non sono un caso – per l’umanità maschile tutta) non sortirà l’effetto desiderato. Non posso nemmeno dare torto all’apparente unanimità con cui l’emisfero femminile ha reagito sentendosi unico oggetto di una campagna laddove, se tanto mi dà tanto, per trombare bisogna essere in due. Per procreare: anche.
Ma, permettetemi: ORA CHE IL TORMENTONE SI È UN PO’ ACQUIETATO E LE MIE IRE PURE, PROVIAMO A PENSARLA UN PO’ PIÙ “OPEN”.
Tanto per cominciare il nome fertility – è vero – non è il massimo. D’altro canto chiamarlo “ovulation day” vi avrebbe alquanto inorridite. Nomi come “family day” sono già stati impegnati altrove. E scendere a un più schietto “Dio li fa, lo Stato li accoppia” o il vecchio “Andate e moltiplicatevi” vi avrebbe letteralmente schifato.
Poi: PERSONALMENTE C’È QUALCOSA CHE TROVO PIÙ FASTIDIOSO DELLA CAMPAGNA, ED È – APPUNTO – L’INDIGNAZIONE SPIETATA DELLE DONNE A TALE “INVITO”.
Il grande principio:
Lo Stato deve creare i presupposti per fare figli, anziché fare una campagna cretina e offensiva. Nidi, scuole, lavoro, riconoscimento dei titoli di studio. Nessuno può darvi torto. Però diciamoci le cose come stanno, la natalità è diminuita anche per un’altra ragione imprevista: abbiamo meno voglia di figli. Preferiamo avere due automobili, fare vacanze migliori e più lunghe, avere libertà. Non è che in passato ci fossero molte politiche per la famiglia, eppure fare figli era considerato normale. Ora, semplicemente, non lo è più. Perché la donna è “libera” di scegliere.
QUANDO DITE “LO STATO SBAGLIA A DARE TUTTA LA COLPA A NOI” FATE UGUALE: DATE TUTTA LA COLPA A LUI.
E poi: siete sicuri di volere delle politiche a favore della famiglia? Certo, vi sento in coro. Bene, poniamo che adesso lo Stato paghi le mamme che decidono di stare a casa con un sussidio in modo da non dover correre a lavorare per quadrare i conti. In Norvegia fanno così. Ora: quante di voi sarebbero disposte a farlo? Perché questa sarebbe politica per la maternità. Non certo quella che prevede di contribuire alle spese di babysitting o nidi così che la donna possa tornare a lavorare presto: quella è politica a favore della donna. Ripeto la domanda: volete una politica a favore della donna o della famiglia? Piuttosto, facciamo in modo che chi fa figli possa prendersi il suo tempo col bambino e poi possa, ma possa davvero, tornare al lavoro. Magari servito dai mezzi di trasporto e rinunciando alla seconda automobile.
La grande offesa: perché solo la donna?!
Se non è bello sentirsi unico target di una campagna che dovrebbe vedere protagonista, semmai, la coppia, rispondete allora a questa semplice domanda: cosa vi aspettavate quando manifestavate per i diritti riproduttivi delle coppie omosessuali, quando inorridite per il mais geneticamente modificato ma poi promuovete gli uteri in affitto, quando vi lamentate che una donna ha il diritto di fare del suo utero ciò che vuole? Insomma, per riassumere: se per fare un figlio non servono un uomo e una donna… Se per fare un figlio la donna sceglie come vuole… Se per fare un figlio la sola cosa che serve è un utero dove hai infilato qualcosa (sotto forma cilindrica o solo di cellule, poco importa)… perché adesso v’incazzate tanto che la campagna sia rivolta, guarda caso, alle donne?
Salute, fertilità e nazione:
E ancora: il cattivo gusto della campagna e il suo sicuro insuccesso non tolgono che, alla fine, di vita si parli. Quella vita che noi generiamo ha un valore. E il valore è un valore anche se mal comunicato e promosso. Aggiungo: i nostri figli sono nostri, e non li facciamo certo perché la Lorenzin ci ha fatto venir voglia. Ma volenti o nolenti sono italiani. Cittadini di questo Stato. Volenti o nolenti i figli che facciamo saranno l’Italia di domani. Non è nazionalismo: è un dato di fatto.
L’oltraggio:
Mi permetto di chiudere infinitamente dispiaciuta per le donne che, pur volendo, non riescono ad avere figli. Non posso fare altro che dispiacermi, mi dispiacerò sempre. E sarò sempre anni luce lontana dal loro dolore, perché sono ricca dei miei figli e non ho nessun merito per questo. Ma non sono in grado di condannare o considerare oltraggiosa una campagna pro-fertilità per via di queste donne. Tanto meno per quelle che, liberamente, scelgono di non procreare. Un valore (fare figli, far crescere l’Italia) rimane un valore, anche se non tutti, come spesso accade, vi hanno accesso. Vogliamo allora togliere la festa della mamma perché qualcuno non è mamma, la festa dei nonni che sono morti, la Stramilano perché qualcuno è strasfigato ed è zoppo, Sanremo perché ci sono i non udenti, la festa della donna perché qualcuno ha cambiato sesso? Eliminiamo, allora, anche la festa del lavoro: indigniamoci che ancora esista, visto che il lavoro è un bene ormai di lusso.
Il fatto che un bene non sia accessibile a tutti non toglie ad esso la sua natura di bene. Di valore. Di scommessa. Soprattutto se si tratta di vita.
Infine: c’è solo una cosa sfigata quanto questa campagna. Ed è di darle della fascista. Vediamo di andare oltre l’abuso di questo triste termine. Per una volta.
E adesso finisco di sparecchiare. Il vino è ormai caldo.
Commenti 4
Questa volta non sono d’accordo con te. Questa campagna ed il pensiero del Governo che vi sta dietro, non la condivido e non mi rappresenta. Comunque, la reazione dei “tuoi” maschi mi ha fatto ridere!
Author
Lo so, immagino. Sono una mosca bianca. Troppo facile scagliarsi contro la campagna senza salvare nulla. E’ proprio quello che fanno loro promuovendo la fertilità, senza promuover nulla. Rimarrò saldamente della mia opinione, e mi ha richiesto una certa dose di coraggio buttarmi nel mondo blogger a dire la mia sapendo che sarei stata L’UNICA. Continuo a non capire come, dinanzi a una campagna chiaramente fallimentare, si possano sperperare chilometri di energie per gridare la propria offesa. Non sei d’accordo? Bene, l’hai detto. Punto. Non ne farei una tragedia. Ripeto, ci sono tante feste che vivono da sempre. L’inno (e l’informazione) alla fertilità, in tutta onestà, non mi sembra né insulso né tanto meno oltraggioso. Semmai incoerente e inutile. Grazie comunque, per la tua onestà 🙂
credo che la campagna abbia fatto flop perchè come hai detto tu , salvo qualcuno,…… nessuna lascerebe il lavoro per un aiuto concreto e starea casa con i figli come una volta…. perchè il mondo è cambiato la testa delel donne è cambiata e tiassicura con quasi sei figli mi sento una mosca bianca ma atesta alta credo che questa campagna se avesse voluto ottenere qualcosa sarebbe dovuta essere mpostata inun modo differente ….
Credo che oggi ci sia paura del futuro e non voglia di cambiarlo…..
veronica
Author
Ciao Veronica, quasi sei figli? Come ‘quasi’? Complimenti! Io so per esperienza che molte tornano a lavorare perché vogliono, e non perché devono. E rispetto la loro scelta. Dico solo che non è tutta colpa delle mancate politiche a favore della famiglia. E’ come dici tu, la realtà è cambiata, e molto. La campagna voleva riportare l’accento sulla bassa natalità e su quello che si può fare per proteggere la fertilità, ma nessuno, né lo Stato, né la gente, è riuscito ad andare oltre. Grazie per il tuo pensiero 🙂