“UN ATTIMO” È LA RISPOSTA CULT. QUELL’ATTIMO È COSÌ LARGO CHE LA MATERNITÀ CI ENTRA TUTTA DENTRO. TUTTA INTERA.
Sono una bestia, né più né meno. Sono una bestia come quelle che critico.
Attaccata ai social al mattino, attendo che la piccola venga a sbrinare la giornata. Quel suo pulviscolo negli occhi, quel suo rovesciarmi dai miei trespoli.
– Ciao amore, eccola qui la mia piccola!
Prenderla dal lettino è un privilegio, me lo accaparro anche nei fine settimana, è me che chiama, lei, è la figlia esatta di un desiderio di madre.
È ancora calda, come i suoi sonni i suoi sogni, è il calore della vita, delle lenzuola sfatte, della copertina di pile arruffata sui suoi peluche.
Si va in cucina, si apre la merendina, un po’ lei, un po’ io, fingere che sia tutta forza sua se quella sguscia fuori dall’incarto.
Vedi come basta poco, le do due dita di succo d’arancio e sono già partita.
Ciao, è successo anche a me, La piccola non dormiva mai, La gelosia? Credo sia inevitabile, Allattare è un gesto d’amore…: un consiglio in uno dei gruppi che ronzano nel pc, lo sciame delle domande, il cicaleccio delle massaie.
– Mamma mi vessi ancoa succo?
– Un attimo.
“Un attimo” è la risposta cult. Quell’attimo è così largo che la maternità ci entra tutta dentro. Tutta intera.
L’altro giorno Sarah era al cesso, mi chiama una volta, due. Lascio passare almeno due appelli, al terzo dico “un attimo”, al quarto “un momento”. Al quinto mi rispondeva sospesa con le sue gambe ancora corte sulla tazza: “Mamma, i tuoi attimi durano troppo.”
Certo, perché sono una bestia.
Mi perdo attimi lunghi di figli per scrivere di loro, li rimando per poterli raccontare.
Mi perdo vita vera per fotografarla, scorgo un momento intenso, e invece di bermelo io mi strizzo nell’obiettivo, e va già bene che adesso basta il display della digitale, alla fine l’occhio un po’ respira. Ma quello che recuperi in ossigeno lo perdi in numeri: stai lì per dieci scatti invece di due click ben scelti. E poi ti danni davanti a cataste di foto che invecchieranno su supporti che invecchieranno, sotto mani che invecchieranno.
Perché sono una bestia. Il mulo che zoccola sempre uguale, il suo capo chino, un po’ avanti e indietro, su per la mulattiera.
Non è una contraddizione, eh, Isabelle? Dai, dimmelo tu, che in fondo sei troppo cauta, troppo delicata, smussata finché non ti pianti in capricci folli. Sei una cortesia di bambina, lo sai? E io ti rimando. Come un pallone. Dove chissà, che nessuno t’ha mai calciato, non c’è partita alcuna. Ma io ti sfollo.
E mica è colpa tua se ti lasci rinviare. È che tu hai quella grazia lì, soffiata come una bollicina nell’acqua della tua ingenuità. Mi vedi presa, e mica lo sai che sto starnazzando nell’aia inutile delle mie “priorità”. Che una volta va bene, un piccolo spazio mio è lecito. Due anche. Alla terza non è rimasto nulla, fatina mia. Solo il mio paradosso.
Commenti 7
Quanto fa riflettere questo tuo post
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Oggi è vero, domani no. Il giorno dopo lo sarà di nuovo: siamo persone e abbiamo diritto ai nostri spazi. Solo che le proporzioni e le priorità variano col tempo, e anche la nostra sensazione a riguardo 🙂 Io per esempio salvo la scrittura, quella la voglio difendere. Ma tante chiacchiere possono essere confinate a momenti più adatti della giornata. E la ricerca di immagini per il blog mi prende troppo tempo, devo riconsiderarla. Grazie Simo.
Touché. Fino a poco tempo fa cercavo di non usare il telefono in sua presenza, ora ogni tanto ci casco. Però ci penso, e ogni tanto mi impongo di tenerlo lontano e silenziato, funziona. E ne sono contenta! Riesco a godermi la mia bambina come dico io.
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Io telefonino mai perché tanto da lì non riesco a commentare, leggo male, sono scomoda. Però a pc passo molto tempo. E va bene, se tanto tempo ne ho. Il problema è quando lo rubo 😉 Insomma mi sono accorta che posso comunque fare moltissimo, ma scegliendo: cosa, come, quando. E poi, Marta… dopo le bimbe crescono, vorrai mica trascurarle, no? Ma che te lo dico a fare? :p
Eh… argomento spinoso…
Lavoro coi bambini tutto il giorno, torno a casa da sola coi figli fino ad ora di cena.
In pratica mi dedico a loro, alla casa a tutto da sola perché Marito lavora.
Ed io ci casco… perché ho bisogno di contatto con il mondo degli adulti.
E sbaglio, lo so…
Ma ci casco.
Che serpente che si morde la coda!
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Be’, il bisogno di contatto con gli adulti però è un ottimo argomento, Silvia, te lo riconosco 🙂 D’altro canto hai anche diritto a qualche spazio tuo…
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