LA VERITÀ È CHE SI ARRIVA A UN’ETÀ IN CUI È DIFFICILE STARE SEMPRE INSIEME, MA NON È ANCORA POSSIBILE STARE SEPARATI
I figli non ci appartengono. Che grande, ovvia verità. Talmente grande che poi, nei fatti, non ci entra. Nelle teste nemmeno. Perché fintanto che sono piccoli, i figli sono innegabilmente dipendenti da noi. Perché viviamo un esordio nel quale sono un pezzo del nostro corpo e poi, sforandolo, sono addossati ai nostri seni, alle notti, alle attività. Loro non sanno di essere altro da noi, ma in fondo nemmeno noi lo sappiamo.
Poi arrivano i terrible two, la fase in cui cominciano a ritagliarsi un posto, a provare i confini. Chi li ha definiti terrible non è dotato di un grande ottimismo, ma nemmeno di grande lungimiranza, ché, dopo i “terribili due anni”, potremmo a ragion veduta parlare di terrible three, terrible four, terrible five. E vi lascio continuare la lista.
Ecco un piccolo compendio di situazioni nelle quali si esplica l’unica cosa davvero terrible (che non sono loro, né la loro età, ma la verità di esseri pensanti), a titolo di sfogo personale, di condivisione con le mie pari, nonché bussola per quelle madri che ancora navigano nel mare incontaminato della prima simbiosi.
- Il finestrino in macchina. Allo smazzo di legare, slegare, stringere, smollare, fissare un infante sull’apposito seggiolino auto, nel tempo si sostituisce l’allegra capacità del bambino di allacciarsi da solo la cintura. A noi, genitori scrupolosi, non resta che controllare. Malauguratamente, in caso di figli plurimi, a questa nuova autonomia si accompagna la secolare lotta per il posto: il finestrino va patteggiato. I tragitti vanno misurati. Se uno ci è stato più a lungo, l’altro rivendica. Se uno ci è stato per primo, l’altro si ribella.
- Il parco e le uscite. Fintanto che sono minuscoli, li carichi come un adorabile fardello, spingi la carrozzina, vai dove vuoi andare. Le prime avvisaglie di controversie le sedi a suon di promesse che suonano all’incirca così: – Amore andiamo dal panettiere, ma ti compro anche le focaccine, – Amore prima andiamo in un negozio che mamma deve fare una commissione, ma poi ti porto al parco.
Poi, ad anni e figli numericamente aumentati, le promesse scadono via via in minacce: – Adesso o vi mettete d’accordo o non usciamo. – Perché normalmente il figlio di 8 anni ha esigenze diverse dalla treenne, e di vederla sul cavallino del parco dei piccoli non gliene può fregar di meno (e come dargli torto?), e se anche vai in un luogo consono a tutti, non sarà l’età ma il gusto personale a produrre rimarchevoli divergenze d’opinione. - I pasti. Latte e pappa: se ti sembrava difficile convincere tuo figlio a staccarsi dal seno o attaccarsi alle pappe, la dura battaglia comincia coi pasti veri. L’entusiastica condivisione del desco e di ciò che i genitori hanno preparato per pranzo non va oltre una pizza o un piatto di pasta. Normalmente almeno uno manifesta spiccata avversione per ciò che hai messo in tavola e, non di rado, devi offrire scelte alternative: ecco un altro aspetto della nascente “scomposizione familiare”.
- La spesa. La spesa è la cartina di tornasole per eccellenza. La prima fase prevede neonati o bebè del tutto succubi ai genitori, appisolati nel marsupio o ridenti nel carrellino. Eventuali pianti si placavano con un colpo di latte o i primi morsi di cracker tra le corsie. Poi hai cominciato a coinvolgerli, ed era una festa: pesare la frutta sulla bilancia, allungare dita paffute a pigiare i numeri che gli indicavi, e poi l’eccitazione dell’etichetta che usciva da sotto il piatto: perché non è un’etichetta, è un adesivo! Abbiamo sempre fatto la spesa tutti insieme, era una delle cose belle, divertenti, radiose, della settimana.
Adesso va all’incirca così: prima c’è chi non ho voglia di fare la spesa, poi c’è la diatriba sul dove farla, poi la lotta al finestrino (punto 1), poi la lotta per cosa si compra (punto 3), poi chi si stufa, chi ha scelto più cose, e infine, di nuovo, chi sta al finestrino: la spesa è una preoccupante condensa delle difficoltà dell’età pensante. - La TV. A quel punto, stremata e agonizzante, gli dici dai vi metto un cartone mentre disfo la spesa (dai vi metto un cartone mentre mi faccio un caffè, mentre leggo questo articolo, mentre faccio una chiamata, mentre vado a cagare), ma ai grandi Masha fa dichiaratamente schifo, la Peppa pure, e Sam il pompiere è da maschi. Il grande reclama un film, la mezzana vuole video di donnine danzanti, la piccola si stufa dopo due minuti.
La verità è che si arriva a un’età in cui è difficile stare sempre insieme, ma non è ancora possibile stare separati. I figli li puoi lasciare a casa da soli, ma per pochi minuti, non per il tempo intero di un’attività che essi rifiutano.
Hanno l’autonomia sufficiente per pensare, desiderare e proporsi personalmente, ma non la maturità capace di trovare accordi.
Tu, per contro, non sei più così indispensabile da dover essere sempre a loro disposizione: ti annoieresti in una missione ormai inutile. D’altro canto sei ancora abbastanza necessaria da non poterti occupare davvero di te: saresti interrotta continuamente.
E sbandieri residui simbiotici e crescenti spinte all’autoaffermazione in the middle of nowhere.
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