Alle nove e cinque di un martedì mattina me ne esco trionfante con un bambino per ogni mano e un altro che sguazza sotto la maglia (ormai a maniche lunghe), direzione asilo.
È il primo giorno che Sarah mangerà a scuola. Il primo giorno che la mattina della sottoscritta sarà davvero luuunga. Soprattutto volendo irrimediabilmente sfuggire a quelle sirene d’Ulisse sotto forma di appelli materni inconsci, che mi vorrebbero persuadere a fare ciò che di più ovvio si fa a casa nelle mie condizioni di mamma a tempo pieno (che ora è a tempo parziale): la casalinga.
Sarah battezza la novità con un entusiastico: “Non voglio mangiare a scuola.”
(La convinco che, a casa, non le andrebbe molto meglio e non avrebbe molto di più, forse solo un piatto vero in luogo di quelli di carta, ma di sicuro non le tre portate di un pasto completo, come da Milano Ristorazione.)
Io battezzo la mattinata con un perentorio: “Non faccio la casalinga.”
E così mi metto all’opera: cerco un corso. Un corso a distanza “pedonale” che non comporti auto, bus, sbattimenti. Cavalco fortunata la mia condizione di donna gravida ormai al quinto mese per cercare qualcosa che, schiudendomi dal mio isolamento domestico destinato alla malinconia invernale, mi butti nella mischia di altre pance piene di promesse. E, all’alba del quinto mese, cosa si fa di più idoneo e indicato se non un corso preparto?
Detto fatto, il consultorio è qui accanto, pensa che figata: nebbia, neve o pioggia, mi basta uscire ricordando di sostituire le babbucce con un paio di scarpe qualunque, e in un attimo sarò al calduccio in un gruppetto di giovani amiche mamme. Certo, sarò la veterana della classe. Certo, parti ne ho già avuti due, e me la sono pure cavata bene (buona sorte o buona capacità di spinta che fosse). Certo, neonati, pannolini, allattamento, irritazioni, creme allo zinco per i culetti e alla lanolina per le tette, non sono propriamente una novità. Ma c’è sempre da imparare: basta non fare le saputelle arroganti e accettare quello che viene.
E allora chiamo.
“I corsi? No, qui no. Non ci sarebbe lo spazio. Non abbiamo la struttura. In Remo La Valle.”
V-i-a-r-e-m-o-l-a-v-a-l-l-e: digito su www.atm etc… Dice due autobus, quaranta minuti (e novecento virus, aggiungerei). No, non vale la pena. Peccato.
Procedo nelle ricerche: il CAM, sigla ironicamente coincidente col soprannome assegnato a un mio ex, che significa “Centro di Aggregazione Multifunzionale”. Avevo letto che ci fanno lo yoga: lo yoga va bene, in gravidanza, ci sono passate tutte.
Zen yoga, Tai Ji Gong, Tai Ji Gong avanzato, Zumba, ballo, lingue, informatica. Niente. Devo aver letto male. Vediamo la ginnastica: Ginnastica dolce seniores, Ginnastica dolce con musica, Ginnastica dolce attiva, Ginnastica dolce e basta.
Hmm.
Quattro corsi per i vecchi e niente per le gravide. La ginnastica dolce non va bene anche per le panciute?
Scendo nel menu: canto. Si potrebbe, ma in gruppo mi vergogno.
Restauro ligneo, acquarello: m’immagino l’età media. Di nonni son già pieni i supermercati e i parchi, all’ora che esco io. Con rispetto parlando.
E finalmente eccolo: Corso di ginnastica Feldenkrais per donne in gravidanza.
Vediamo chi è questo Felden: “Fisico israeliano, bla bla bla… ideato un metodo di movimento esplorativo riferito alle azioni-funzioni quotidiane (sedersi, alzarsi, rigirarsi nel letto ecc.)…” Insomma una specie di riabilitazione?
“… consapevolezza attraverso il movimento…” : una sorta di psicomotricità per adulti?
“Viene definito come un metodo di autoconsapevolezza del proprio corpo”: allora ci piglia, con lo yoga?
“Nelle lezioni di gruppo (definite anche come CAM, Conoscersi Attraverso il Movimento) – tu guarda la coincidenza nella sigla – l’insegnante, con il solo ausilio della propria voce, propone alcune sequenze di movimenti che, man mano che la lezione prosegue, acquistano maggiore complessità, anche se, in linea generale, rimangono sempre movimenti abbastanza semplici da eseguire e che non comportano un alto dispendio energetico. Appare quindi inesatto considerarlo, come spesso avviene, una forma di ginnastica o una tecnica di riabilitazione o, ancora, una tecnica di rilassamento”: non ho capito un cazzo.
Milano pullula di corsi preparto, di rilassamento in gravidanza, di respirazione, meditazione, yoga, stretching, acquaticità per le donne incinte. Quello che mi appare chiaro, lampante, è che, per qualche ignota ragione, qui in zona non emerge nulla di interessante.
Quello che mi appare, chiaro, lampante, è che, per qualche ancora più ignota ragione, le donne sono in grado di partorire estraendo da se stesse forze disumane recuperate da non si sa dove, ma non sono – o non sono reputate – apparentemente in grado di partecipare a corsi un po’ dinamici, GAG per corpi gravidici, danze, marce o quant’altro. Corsi, in definitiva, che non siano “dolci” quanto la loro attesa.
La “dolce” ricerca di un corso
Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!