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Maternità

L’amore, innanzitutto

L’AMORE, È MOLTO PIÙ GRANDE, DI QUELLO CHE SBIRCIAMO NELLA CONSUETUDINE

 

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I bambini sanno.

Alla terza volta che ci chiamano dentro, nella saletta medica con Winnie the Pooh sull’anta dell’armadio, era orami chiaro che ci tenevano, i fogli di ricovero già pronti sul tavolo. Sta volta entriamo entrambi, Mathias e io. Mi è bastato dire dobbiamo prendere il coniglietto, senza nominare un pigiama, uno spazzolino da denti. Isabelle lamenta subito: “Ma io non vojo dormire qui!”

La camera è bella, singola, colorata e ariosa. Un letto che pare gigante rispetto al lettino da campeggio in cui lei passa le sue notti a casa. Una poltrona letto per papà, per un lunghissimo attimo ho pensato al torto che le faccio: dovrei restarci io, qui. Ma lui è più forte, più accomodante, più mille cose che adesso si frantumeranno sui pianti disperati di lei.

Invece i bambini sono adattabili. Più di noi. Le basta questa stanza nuova, si riprende, nonostante quel braccio che beve dalla flebo, quegli occhi spolpati dal malanno e dai pianti. Quando lui torna con una sacca di giochi, arreda tutto in due minuti: la casa della Peppa, i pupazzetti degli orsi con cui giocherà dicendo: “Ma tu non hai fatto niente pipì!” Perché i bambini sanno. E io sorriderò. E quando la saluto, lei è in piedi con le mani operose sullo scaffale del mobile d’ingresso, si arrangia con quella cannula che si arrampica, si volta dopo una flotta di baci, sorride. Va bene così. Posso andare.

I suoi fratelli, a casa, sono compìti, attenti, puntuali. Levano scarpe e giubbotti senza colpo ferire, hanno capito la solenne necessità di collaborare, lavano i denti, scivolano veloci nei loro letti. Hanno i volti arrotondati da una dolcezza insolita. È la loro forma d’amore. Quello che possono, danno.

Ci sono spazi che slargano la nostra capacità, la nostra e la loro, ne fanno lenti d’ingrandimento in cui tutto appare grande e chiaro. L’amore, in testa a tutto.

Quello che Isabelle mi grida incontro come entro in camera, domenica mattina. Mamma! Mamma! Sdraiata e minuscola su quel letto grandissimo, un uccellino stanco con l’ala ferma e legata. L’implorazione esplode e poi mi mangia come lava, non ho il tempo di appendere la giacca, la butto sulla poltrona ricomposta dal giaciglio della notte, fremo anch’io in quei pochi metri, me la prendo addosso: nella mia notte ho patito una mancanza carnale, ricongiungermi a lei è dissetare un bisogno che nemmeno sapevo così profondo. L’amore, è molto più grande, di quello che sbirciamo nella consuetudine dei giorni, nei gesti ordinari, nei tempi comuni.

Vuole soltanto me, Sarah vorrebbe stringerla e baciarsela, riscuotere il suo premio, anche lei. Si offende. Ma vedi come sono, loro? Le ho fatto promettere di tornare al secondo orario di visite, alle 5, con un disegno meraviglioso per la sorella, che appenderemo sull’armadietto, e subito le basta.

Ho visto palate di bene, in questi giorni. In quel disegno che poi porta, con la pasta molle per attaccarlo bene. Nei loro gesti piccoli e precisi la sera quando mi aiutano a preparare gli zaini per la scuola, i grembiuli, le merendine. Nei buonanotte che mio marito ci ha lasciato sui cuscini, baci di carta da labbra vermiglie. Nelle cure del personale ospedaliero, nei camici che spaventano e poi smettono di fare paura, perché hanno parole piene di premura, e sguazzano in larghi sorrisi.

Nella sala giochi dove finalmente l’ultimo giorno, liberi dal tronco della flebo, ci avventuriamo: bambini sereni, genitori pieni di sole, che hanno lasciato tutto, gli orari, le case, il lavoro. La rigidità cui siamo così assuefatti impallidisce, siamo esseri flessibili, l’amore scardina tutto. Respirava senza posa.

E poi siamo a casa: le ultime volte che mi hanno dimesso da un ospedale avevo una pancia flaccida e un neonato nell’ovetto. Ma si nasce un po’ ogni volta che si guarda il mondo ritornarci addosso.

Sarebbe bello accorgersi delle cose “normali” senza il bisogno di passare dall’averle per un attimo perse.

Io odio i propositi, ma se proprio devo farne uno, per questo 2017, vorrei restare con questo senso squisito del valore. Sarebbe bello accorgermi del bello.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 14

  1. Carmen

    Hai una profondità emotiva e una cura di esprimerla che non hanno pari, che mi fanno perdere nei tuoi racconti. Che mi fanno essere lì, insieme a voi. Bentornati a casa. Buona guarigione, e non parlo solo di quella fisica. Un abbraccio.

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  2. mamma avvocato

    Il tuo post mi ha messo i brividi.Non di paura o di tristezza, ma di gioia e di amore e di commozione. In un momento difficile, tu hai visto l’amore, hai saputo cogliere la sua grandezza. Il tuo proposito per l’anno nuovo è quanto di meglio si possa sperare, sempre.

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      Maddalena Capra Lebout

      Certe situazioni dilatano i pori… Il mio proposito è impegnativo anche se non sembra: eppure pare tanto semplice! Non sai com’era bello lunedì sera, di nuovo tutti insieme e tutti sani, era un secondo Natale! Grazie Giulia, buona semplicità di piccole cose belle!

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  3. Emanuela

    Commovente davvero questo pezzo. Ed e’ vero che i bambini hanno grandi capacita’ di adattamento e che a fronte a certe situazioni, in particolare ai bambini malati, in certi momenti vanno meglio i papa’. E brava Isabelle che stai bene e sei tornata a casa. Un bacione alla mia sbirulina!!!

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