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Altre Verità

L’imprevisto

È UN’OCCASIONE INFELICE DI FELICITÀ

 

La luce se n’è andata. Un figlio, la capocciata oppure un colpo di spalla mentre correva per la cucina. Si sente un clack, dai Patrick, riaccendi! Ma il pc è in modalità batteria, ogni cosa annega: la corrente è saltata.

Fuori gli occhi accesi degli appartamenti davanti, anche il piano di sopra è illuminato, Isabelle perde tutti i suoi anni, incolla la sua paura alle mie gambe.

Domenica. Ore diciotto.

Mozziconi di candele rimasti da quei bagni romantici che non sono io a consumare col marito ma piuttosto la petite insieme alle Barbie. Torce ne abbiamo almeno tre, traffichiamo alla scoperta di pile ossidate, ne salviamo un paio, con quelle nuotiamo nella penombra, ad ogni passaggio le fiamme scodinzolano e Sarah dice ci sono gli spiriti.

Per quanto smanetti col quadro elettrico in casa e quello generale fuori, e poi smonti l’interruttore indagato, il buio rimane lo stesso. Solo Isabelle si è ripresa, i bambini girano litigando per le torce, le fanno danzare sul soffitto, adagiano una coperta e fingono le stelle.

L’imprevisto è un’occasione infelice di felicità.

Le sei della domenica di solito moribonde di compiti ancora da fare, di bagni e quel lascito in cui non puoi più fare grandi cose adesso tintinnano.

Abbiamo chiamato le emergenze, arriveranno fra un’ora. Un’ora è un buon tempo per inventare, per scoprire che siamo animali non ammaestrati a una mancanza come questa. Devi farti venire qualche idea: Isabelle ha creato l’angolo morbido, come all’asilo, Sarah balla, Patrick chiede se può vedere l’iPad.

– Non va, amore. Non c’è internet.
– Ma voi guardate il cellulare.

Anch’io mi accenderei la poltrona shiatsu, già che sono qui a gingillarmi. Ma in effetti no. Potrei leggere. Ma in effetti no. Fare la cyclette. Ma in effetti no. La doccia, ma la caldaia è spenta.

Siamo così ridicoli, sembriamo cavie di laboratorio in un labirinto santificato da tutti quei ceri accesi, dall’odore degli stoppini.

Le femmine si sono prese Indovina chi, mi sembra il gioco adatto, potrebbero farlo dal vivo, invece abbassano finestrelle, si fanno luce con la pila tra i denti come han visto dal padre. Solo che l’ora è passata e dopo un po’ pare quei grandi pranzi dei matrimoni, hai fame e hai mangiato solo quattro cazzate, i pinzimoni, la tartina con due uova di storione, e adesso ti faresti l’amatriciana e amen.

– Sì, siniora, è che il tecnico ha avuto un imprevisto – la rumena del call center che ho dovuto richiamare.

Patrick fa i compiti a lume di candela in cucina. Noi: la noia. Quella vera.

Due uomini arriveranno due ore dopo. Le candele superstiti sono tre su cinque. Due hanno scavato la loro piccola morte liquida incollandosi al banco su cui posavano.

Allora riemerge un po’ di entusiasmo, i figli in mutande a vedere chi arriva. Neanche fosse Babbo Natale. Vedi come le apprezzi, le cose, quando le hai perse.

Sono ottanta euro per l’uscita, ché mica a noi ci succede di martedì a metà mattina: a noi capita la domenica sera. D’inverno.

– Senta, facciamo 40, perché ci avete messo due ore anziché una.
E poi almeno 250 per la riparazione.
– Ma scusi, quella del call center poteva dircelo.
Ma lei non può sapere che riparazioni ci sono da fare, dice.
– Neanche lei, scusi: ancora non ha guardato.
Il vaffanculo si stringe in un sorriso di plastica, i due si mettono al lavoro. Il lavoro consiste nel guardare le inutilità ingenuamente e volonterosamente effettuate dal marito. Poi di colpo è giorno.

– Mamma! – s’affollano i bambini: – In bagno la luce è accesa!
– Anche in camera…
– Anche in salotto…
Il coro delle voci bianche.

– Come ha fatto?
– Ho tirato su questo. – L’uomo dell’est che perde qualche congiunzione ha tirato su una leva già provata invano dal marito. La mano magica del tecnico.

Cambia l’interruttore colpevole in cucina. Dico bambini rompete qualcos’altro, ché qui dobbiamo ammortizzare i 300 euro.

Uno sorride, l’aiutante venuto a fare cosa chissà, mi stringe la mano per la mia battuta. Non capirà null’altro di ciò che blatero ma questa l’ha capita e gli ha dato un sorriso domenicale. Un piccolo risarcimento al loro pellegrinaggio infelice: – Guardi che è un lavoraccio, non creda che sia bello, sa? Dei soldi non mi frega niente, devi sempre essere disponibile, abbiamo troppe chiamate – dice il tecnico mentre seduto all’angolo del tavolo rimasto salvo ai collage e ai resti dell’incuria festiva stila la sua fattura di 330.

Ha un altro impegno, la rumena l’ha già chiamato e quello forse non mangia nemmeno. Non ha una donna perché chi se lo fila che tanto deve lavorare senza orario?

A Capodanno ha fatto sette interventi di fila. Adesso prende il compare, il valigino alto e rigido che pare una cassa per concerti. Porta via la meraviglia di una domenica sera speciale, della luce che torna come un compleanno. Ci stringe la mano come un compagno di sventura.

 

Photo by Daiga Ellaby on Unsplash

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 5

  1. mamma avvocato

    Eh, in effetti anche il punto di vista del tecnico ha il suo perché. Però paiono davvero troppi, 330 euro a chiamata. Chissà quanti ne rimangono a lui…Meravigliosi i bambini che fanno di un imprevisto una occasione!

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      Maddalena

      Anch’io mi sono chiesta quanti soldi intaschi lui… I bambini sono stati bravissimi, in fondo una novità è sempre un gioco, anche se sarebbe bastata un’ora, per divertirci! :p

  2. Silvietta Fanio

    Da noi spesso ci sono guasti dell’enel.e sbalzi di tensione e serate al buio. Eppure la bolletta la paghiamo eh…
    E invece… Quanta pazienza. Quando resto al buio penso che sia un’occasione per vivere senza tutto ciò che di elettrico ci ha ormai assuefatti. Magra consolazione…

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