La lista. La migliore amica del controllo. L’ombra fedele del timore. La gabbia in cui cercare d’infilare e rinchiudere i dubbi. La fuga.
Gennaio scema sotto finti fiocchi di neve, non mi ha dato la sola cosa per cui normalmente lo salverei. Tutti hanno redatto già molti giorni fa, il loro elenco delle buone intenzioni. A me le buone intenzioni fiaccano. Così, in preda a un cuore che saltella tra lo stordimento felice di una nascita che s’approssima, e la paura dettata dall’ignoranza del quando-dove-come inizierà il travaglio, con questo muscolo sentimentale legato e scalpitante come un cavallo a uno steccato, mi metto a redigere anch’io la mia paginetta dei buoni propositi, che però, per indole e desiderio, chiamerò “lista dei sogni di poche pretese”. Più facile da rispettare, più felice da compilare.
Farla è semplicissimo: basta pensare a tutto ciò che potrò recuperare, avere, trovare, una volta terminata la gravidanza.
Numero uno: un cheeseburger.
Sembra stupido, ma ancora mi spetta quello che sognavo tre anni fa, incinta di Sarah.
Numero due: un panino da Peck.
Peck, conosciuto da tutti, visto dal vivo una sola volta, merito della zia chic che mi ci portò un sabato tra una prova e l’altra di abiti da sposa, troppi anni fa, prima delle mie nozze. Un panino che non si dimentica. Lumato ai tempi che stavamo a Parigi, anelato quel giorno che a mio marito dissi: non è per Peck che torniamo in Italia, però pensa… a Milano un giorno da Peck ci andiamo, vero?
Mai tornata.
Numero tre: una bistecca antianemia (i.e. al sangue) da Roadhouse.
Ci si può andare anche col pancione, ma quanto è deprimente ridursi a una manciata di patatine fritte e una fetta di manzo stracotta per il rischio di toxoplasmosi?
Numero quattro: sconfinando dall’alimentare… una lunghissima passeggiata, dello sport, una corsa.
Numero cinque: una lunghissima dormita a pancia sotto (pancia sotto sì, lunghissima sarà dura).
Sei: un weekend in montagna. Con la neo famiglia.
Fa parte delle emozioni graviDazionali trattenersi, come tenere il fiato, un volo, stare lì in bilico sul davanzale, per lanciarsi poi, dietro a quell’idea squisita di andarci in cinque, con la piccola di poche settimane. È l’obbedienza celestiale all’emotività di questi tempi. Che ben maschera la ragione brutalmente meno poetica: d’inverno, col buio, col freddo, una gravida difficilmente ha voglia di scompaginare la sua routine.
Sette: un paio di giorni al mare. Per ricordare ai bambini, figli di irriducibili montanari, che esistono distese d’acqua ben più vaste di una vasca da bagno. E abbuffarci di focaccia ligure, col vanto di digerirla pure.
Otto: un’happy hour. Ringiovanisce, nutre, rilassa (mah), e, soprattutto, fa figo.
Questo sarà il proposito più difficile da mantenere: peggio di Peck, del cheeseburger, perfino del mare. Un aperitivo all’aperto, Patrick e Sarah buoni buoni che assaggiano di tutto (fantascienza) e bevono senza sbrodolare. Isabelle nel marsupio, dormicchia serena inondata dalle briciole dell’ennesimo tramezzino che mi concedo tra una poppata e l’altra. Tanta pappa, poco denaro. Una buona serata.
Certo, non è come quando potevo accompagnare la pizzetta con un paio di daikiri e mezzo pacchetto di Marlboro. Certo, non è come quando aggiungevo ai miei illustri centosettanta centimetri altri dieci di tacco e le gambe erano steli affusolati che reggevano un viso luminoso e fresco come una corolla… In realtà andrò in braghe di felpa o al massimo jeans. E le scarpe saranno sabot rasoterra. Le occhiaie saranno la sola nota di colore. E non potrò nemmeno annebbiarle col fumo.
In effetti, a ben pensarci…
E anche il mare. O la montagna… Quante borse e quanti giorni di preparazione richiede partire con due figli più una neonata?
L’hamburger, poi… Montare tutti in macchina per andare dove? Da McDonald’s?
E la bistecca? Peck? Autobus e metrò per evitare l’area C?
C come complicato.
C come “chi te lo fa fare”.
C come “chi se ne frega”.
Il bello di questa lista, che puntualmente rinnovo a ogni pre-parto, è semplicemente farla. In verità, per qualche naturale istinto alla sopravvivenza, quando nasce il figlio e la gravidanza si allontana, sfumano anche quelli che sembravano desideri preziosi. Svaniscono come una sbronza.
E andrà bene una pasta al sugo, in piedi, il culo sul bordo del lavello. A casa propria.
Lista dei sogni di poche pretese
Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!