LA VITA È UN MATRIMONIO SENZA LIMITI
Poi ci sono gli ultimi singhiozzi. Foto e pezzi strazianti. Sull’Huffingtonpost un’infermiera abbraccia il figlio avviluppato in un lenzuolo che lo protegge. Un figlio fantasma, una mummia di vita.
Gli ultimi sussulti, perché i media girano le notizie come quelle pale a soffitto che forse alcuni di voi ricordano da viaggi di nozze tropicali.
I media.
Gli ultimi sussulti perché adesso l’attenzione va sulla ripresa della scuola, non perché sia la cosa più importante, ma perché è l’unica rimasta, la sola che mancava ai conteggi.
Gli ultimi sussulti perché dopo il picco della primavera – ero in questa stessa casa di montagna e lo ricordo, l’inizio del lockdown, e come insieme alle case e alle attività si chiusero i cuori – pian piano si riabitano i giorni, si cerca una nuova normalità. Che non è solo quella delle strade, delle corsie autostradali già abbuffate verso la Liguria, di negozi con la loro penitenziaria routine igienica. Ma è anche questa di dirsi basta. Di smettere tutto quel regime alimentare di cattive notizie.
In qualche punto che ritengo estremamente individuale ognuno di noi stabilisce quanto farsi coinvolgere, travolgere o sfiorare. E dove smettere di immergersi,
dove restare alla balaustra e anziché gli occhi al burrone, puntare il cielo.
Voltarsi verso casa, fare due passi in cucina nei propri affari domestici, e poi di nuovo fuori: ancora il cielo.
Sono scelte. Date da quanto la sorte ci ha sfidati, quanto ha scosso quel pendolo preciso che abbiamo in gabbia. E da quanto riusciamo a direzionare il suo pulsare. Se verso la vita, o verso la paura.
Eppure se ci rivaliamo verso chi ha scelto la paura chiamandola prudenza, non è necessario schivare quelle verità che ancora arrivano, a volte. Quell’abbraccio bendato, per esempio. Quelli che ancora nutrono qualche fila di numeri. E per qualcuno sono non numeri, ma persone. Andrea, Nicolas, Gianna, Robert, Philippe.
Cosa ci chiede, la Vita?
La vita non le farebbe, queste differenze che facciamo noi. Non le farebbe, le fazioni. Che se io sono contro le mascherine allora me ne fotto di chi muore.
Che se io sono per i bambini che si abbracciano, è perché non mi è morto nessuno asfissiato tra le mani.
Che se io grido all’incostituzionalità allora sono insensibile.
Che noi in corteo, fisico o virtuale che sia, per la libertà degli studenti e dei bambini, per i diritti dei sani anziché quelli dei malati, manchiamo di rispetto a voi, uomini e donne colpiti dal virus prima, e dalla paura poi.
Il solo rispetto che tutti manchiamo, in questa storia, è quello alla vita. Che però non è quella che credete di salvare voi.
Ma è vivere per quello che è: con la vita e con la morte, nella salute e nella malattia. Come nei matrimoni, come nei sacramenti.
La Vita non ci chiede di rinunciare alle nostre battaglie, ci chiede solo di smettere di farle da un punto di esclusività.
La Vita è tutta. La vita è un matrimonio senza limiti. Una forza senza condizioni.
[Photo by Zwaddi on Unsplash]