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Altre Verità

Novità e solitudini

UNA PASSEGGIATA DA SOLA NON DEVI FARLA UNA DELLE ULTIME SERE. PERCHÉ ALLORA TI SALTA ADDOSSO TUTTO. PERCHÉ LE STRADE HANNO GIÀ I LORO NOMI E I LORO GIORNI

 

Finché una sera esco da sola.
– Isabelle, andiamo col passeggino?
– No.

Sarà che il cielo è tetro, in questo posto il freddo porta già assaggi d’inverno, ho il pile, la felpa, il kway. Alla stessa temperatura a Milano sarei sul sofà con una coperta sui piedi. La giacca a vento pronta per ogni uscita.

Il bosco è buio, umido, il sentiero si assottiglia. La credevo una gran primizia, un tempo mio. Procedo a grandi falcate libere dai figli, il cuore ristagna, come quelle nuvole, stralci di azzurro lontani scoprono vette che volano. Mi fermo sul ciglio di un grande prato, aspiro una boccata densa di solitudine.

Sono stata sola per anni. Per anni mi sono alzata in un letto vuoto, ho messo su un caffè che borbotta nel vuoto, mi sono seduta a berlo a un tavolo troppo grande. Sono andata in ufficio su un bus pieno di sconosciuti, su un bus uguale e contrario tornavo la sera. Sullo stesso tavolo troppo grande ponevo un solo piatto, una sola, sbrigativa pietanza. Nel silenzio.

Ora mi bastano due passi e fa come l’eco: ogni passo, ogni battito.

Sono contenta quando riscendo, da un sentiero imprevisto, da quel bosco che se ci trovo Biancaneve che scappa e il cacciatore col fucile non mi sorprendo. Case dei nani ne ho già viste due o tre, piccole tane di legno, il tetto che cade fino al muschio, agli aghi caduti. Adesso sono alla curva delle galline. Un gomito di strada che ha già preso il suo nome, ha già il ridere di Isabelle in auto quando ci passiamo, gli occhi che rotolano dal finestrino: Guadda, le galline!

Poi su, per il paese, è accanto al cimitero, ai suoi fiori e la sua entrata di pietra che la nostalgia mi stuzzica.

Una passeggiata da sola non devi farla una delle ultime sere. Perché allora ti salta addosso tutto. Perché le strade hanno già i loro nomi e i loro giorni, le case hanno i commenti che avete fatto, quello che vedi ha gli occhi dei momenti. Procedi lesta, agile, le gambe allenate. Però c’hai quel fardello in groppa, un nodo alla gola al contrario, sulla schiena. Sembra quell’ultimo giro che sempre si fa, quando i bagagli sono già pronti, quando hai zittito la casa e torni fuori, ritagli dal dovere del rientro un piccolo baluardo di cose sacre, una benedizione con la promessa del ritorno. Due passi. Quelli sono i più duri. Più delle salite, dell’attacco delle gite. Dei primi sentieri con le gambe stitiche della città.

Una passeggiata da sola devi farla la prima sera, quando hai tutto davanti, e nulla dietro, quando non t’insegue nessuno, niente. E anche il fiatone che ti viene, ti è davanti.

Ci penso, rincorro quello spirito, quel tutto davanti. La Novità.

Ci provo. È una novità, oggi. È oggi per la prima volta, per la prima volta è questa sera, in questo posto. Per la prima volta è questo momento. Per la prima volta sarà domani. Vorrei vivere così. Tutto. Come una novità. Anche i momenti aggrappati al finale. Sradicarmi dal prima e dal poi. Con quella bocca spalancata, con la radura dentro, che il bosco non s’ingoia.

2016-08-10 20.22.17_pe_wprnIl paese è già muto, le serrande abbassate, le vetrine coi formaggi, le poterie del luogo. Sale una canzone che ben conosco, Runaway train. Hanno allestito il palco del centro, c’è una batteria rossa, tre microfoni, nessun cristiano. Canto da sola. Avessi le palle mi impugnerei il microfono come ai vecchi tempi. Avessi le palle adesso non siederei qui in braccio ai miei tentativi sbilenchi di novità, al bordo del palco. Sarah e Isabelle ballerebbero, correrebbero. Non sono più abituata a stare sola. Sembro uno spettacolo a metà.

Preferisco Isabelle che si stufa nel passeggino, Sarah che arranca e sbuffa, tirarla a fatica. Preferisco sedare il passo, repressa (così credevo) o forse solo più piena. Si va svelte, quando si è vuote. Svelte quando si è sole. Senza chi amo il cuore balla a ogni passo, sobbalza come uno stomaco vuoto.

Aspetto lo scatto, la fine della canzone. Corro giù per lo sterrato, e poi su, oltre il ponte con le sue acque agitate. La mulattiera delle lumache senza guscio, delle grandi cacate di cavallo. Saluto il cavallo nero che chissà “dov’è andata la sua mamma?” e finalmente sono di nuovo a casa. Sulla porta c’è un cuore di campanelle. Scodinzola come un cane quando arrivando la apri.

 

Con questo post partecipo al progetto Aedi digitali. Tema della settimana: #porte.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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