SONO I PASSAGGI IMPREVISTI, QUELLI CHE TI STANANO. GLI AUTOSTOPPISTI CHE NON C’AVEVI SPAZIO E POI LO SPAZIO L’HAI TROVATO
Gli schemi sono come le regole.
Direttive, staccionate. Cammini, ci passi la mano: il confine. Sicuro sul tuo rettilineo, sicuro anche quando la strada scodinzola tra i campi, nella selva, nella nebbia. Tu guardi i tuoi paracarri solidi, mezzi bianchi e mezzi neri. Ti basta che qualche uccello non ci caga sopra, che il vento non disarciona quei paletti e la neve non si mangi a grandi morsi dei suoi ridicoli fiocchetti quei panetti di cemento juventini.
E invece è l’eccezione, quella che conta.
Sono i sobbalzi non previsti, gli affossamenti, che ti faranno le gambe.
Le raffiche di sale sputate da una mareggiata, le dighe di una nevicata che siamo bloccati in montagna, come facciamo a tornare a Milano? Mio padre si dava da fare, io sorridevo, guardavo nel caminetto la mia lezione del lunedì alla British School diventare fuliggine.
Sono i passaggi imprevisti, quelli che ti stanano. Gli autostoppisti che non c’avevi spazio e poi lo spazio l’hai trovato.
Gli eventi che sbordano dal tracciato sacro delle nostre certezze sono così, sono quei ragazzi sparuti sbranati da zaini giganti.
È l’eccezione, che conta. Uscire dagli schemi. Sedersi dalla parte dei bambini, lasciare da solo il guidatore. Salire davanti nel taxi, fare la moglie di Oscar64.
Camminare sulle punte, all’indietro, come le galline, come le vacche. Come faccio fare alle mie bambine, così la strada diventa un piacere.
– E come cammina, una vacca?
– Non lo so, ma tu cammina.
Allacciati la giacca, prendi le chiavi di casa, esci. E poi vai dalla parte opposta. Fai un programma e poi ridi, scrivi e poi cancella una parola sì e una no. Accompagna la vecchia che ti ha chiesto un’indicazione, vedi cosa ti scuce da quelle labbra piegate dentro, senza la scusa dei denti. Bigia il lavoro per un giorno, falsifica i sensi di colpa come falsificavi la firma di tua madre. Fai una spesa intera e poi regalala. Fuma guardando le stelle anziché i piedi, alzati alle cinque del mattino e poi torna a letto alle dieci. Chiedi al barista come sta, anziché un caffè, al buttafuori la sua storia, per un giorno taci la tua. Vattene lontano davvero, un centimetro fuori dal bordo.
Sono i campi, che contano. Sbucciarsi oltre la staccionata.
Commenti 8
Io sono una di quelle che quando un programma salta mi incazzo, mi viene un’ansia, sento di perdere il controllo. Eppure ogni volta che un programma è saltato, magari non subito, ma arrivava sempre una alternativa migliore, lungo la strada. bisognerebbe ricordarsi sempre di fare le cose che hai elencato…
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Non dirlo a me. Madame control. Tu dici che invecchiando ci si incista sempre di più? Io credo di sì. Forse per questo amo i bambini, che ti disarcionano dai confini adulti. Io queste cose le ho scritte però in verità proprio una sera che un mio figlio si intestardiva su piccole paure, schemi intoccabili (in effetti i bambini a volte hanno schemi peggio dei nostri, quindi bo’… sono paradossali), e sapevo che non valeva la pena trincerarsi così: è quando li vediamo negli altri, gli schemi, che capiamo quanto sia valido superarli. Vorrei somigliare molto di più a questa voce che mi ha “dettato” il post: vorrei ascoltarla più spesso! Ciao Chiara, grazie. 🙂
Io sono di quelle che programmano, programmano, programmano. All’infinito e oltre 😂. Ho mio marito, di contro, che è il Signore del “mo vediamo”. Devo ammettere che a volte è bello lasciarsi andare, prendere le cose così come vengono. Il tuo post mi ha fatto venir voglia di un fuori programma.
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Non ti dico io… per me “sorpresa” vuol dire “imprevisto”! 😀 Comunque il senso è anche che a volte i fuori programma arrivano di loro, e quello che siamo noi è spesso il frutto di quelli, delle sbucciate fuori pista, più che dei rettilinei che avevamo programmato punto per punto.
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