E mentre siamo a tavola lo chiedo a mio marito: perché ci arrabbiamo così tanto, coi figli?
Insomma, io non credo di essermi mai imbestialita così. Sono sette pasti di fila che Isabelle si siede, sta ferma, di solito la testa fa una piccola piega, sembra che ci sia un pensiero accovacciato lì sulle ciocche collose. La vedo. Io lo vedo, che la forchetta rimane ordinata, educata. Anche mia figlia, se vuoi, è educata: non è che urli, che prenda e sbatta quel piatto caldo, che maltratti il cibo. Restano così: la pasta nel suo campo, lei al di là. Non si toccano. Le altre posate già chiacchierano sulla ceramica, va bene Patrick, puoi cominciare. Lui è il primo che inizia, il primo a finire, con quel suo piccolo viso butta dentro i container. E lei è sempre lì. Ho già aspettato e allora esalo “Isabelle mangia”. Per quanto inutile possa sembrare, per quanto io lo sappia vano.
– Non ho molta voglia di questa pasta.
Sta bene, suda troppo, beve. L’altra sera era per il riso alla cantonese, ti tolgo i piselli, dico. Ti tolgo l’uovo. Lei dice sì ma poi non comincia. Non afferra nemmeno la forchetta. Se non mangi vai in salotto. Di solito le diamo un’alternativa di pietanza, ma non c’è sempre. C’è quello che c’è, in questi giorni sciancati dal caldo, c’è poco di cucinato, non possiamo mangiare solo prosciutti. Mangia il riso, Isabelle!
Così alla fine la porto di là. Ceniamo con le urla. Lei torna, promette, facciamo la pace. Si siede. Ritrova la sua posizione, la testa un po’ china sul lato di quel pensiero che le ho messo addosso. Stavolta le immagino una fatica, stavolta interpreto questa piccola offesa. Invece si ripete.
– Hai detto che mangiavi.
Riprovo tre volte, e sono già troppe. E poi finisce, in qualche modo, che un pezzo di frutta glielo do perché è minuta, sia mai che ti scompare, che un giorno vai e nel letto trovi solo il suo ippopotamo fucsia, la sua pecora smunta quanto lei.
La rabbia scende presto, come le madri quando corrono incontro ai figli che cadono.
Mia figlia è lì, non aspettava altro: sono la sua lacrima e poi il palmo che l’asciuga.
Stasera è una gruccia davanti a una pasta col sugo. Sono le stesse battute, le stesse equazioni. Si siede ed è la sola posata zitta nel concerto della cena. E noi che siamo solo noi, perché ai genitori nessuno insegna nulla, facciamo quello che facciamo da sei pasti, che per sei volte non ha funzionato. Così lei va, così ritorna sempre inerte. Il mento è un pizzetto pallido del viso, la pecora la segue al fondo del braccio con la sua obbedienza di pelo.
Da qualche parte c’è un bivio, oggi cambiamo, non so se scelgo, se è solo che mentre prendo quello perdo rigore. Se invece incazzandomi lo trovo. Ho cucinato con 30 gradi, ho aspettato questa cena da ore con lo stomaco cavo, ho fatto tutti questi pasti flagellati dalle urla. L’afferro, la porto di là, in un momento solo, lei è a letto gonfiata dal pianto come una vela, la mia voce si strappa. Torno in cucina, mi siedo. Mi accorgo: il corpo è centrifugato dalla rabbia, il fiato schiacciato come una mosca, le gambe cadono. Anche Mathias è diventato un ceppo di legno duro, s’erge su una voce che non gli avevo mai sentito, prima dei bambini.
Penso che non mi sono mai arrabbiata così con nessuno. Penso alle grandi battaglie. Gli ex fidanzati, mia sorella, mia madre.
– Non mi sono mai arrabbiata così tanto come coi figli. Perché?
Perché ti stremano, perché tirano fuori il meglio ma anche il peggio di noi. Perché sono amori carnali, assoluti. Perché a mia madre mica potevo urlarle così. Le dovevo rispetto, forse mi faceva paura.
– Ti arrabbieresti mai con questa forza, con un tuo amico?
Mathias si volta dalla sua sedia azzurra: – Hai ragione – dice.
– Allora perché con un bambino sì?
Photo by Annie Spratt on Unsplash
Commenti 10
Lo stress, le preoccupazioni, il vedremo che non si alimentano bene…. E poi… La perdita di controllo e anche della pazienza… Perché non siamo robot, ma umane e con sentimenti anche alternati o altalenanti e una valvola di sfogo magari non la possiamo sempre avere all’esterno e cosi si finisce col sentirsi stremati inermi impazienti… A casa… È anche purtroppo con i nostri figli… Ma alle volte anche questo serve per farci conoscere con le nostre debolezze e far capire loro che abbiamo anche noi i nostri limiti
Author
Sì, è perdita di controllo, o un controllo mal camuffato, che si tiene come può. Ma secondo me va fatto un passo prima, dietro: pensare innanzitutto che ce la faremo, che loro non lo fanno apposta, sebbene spesso lo facciano per sfida. E poi pensare alle soluzioni a freddo. Che vedano i nostri limiti è inevitabile, e sono d’accordo con te: credo che – entro certe misure – sia giusto imparare anche questo, dei genitori. Però, appunto, entro certe misure. Grazie Emilia.
I bambini toccano corde ancestrali che ci ricordano quando i bambini eravamo noi. Ecco perché ci arrabbiamo così tanto. Ci arrabbiamo con il nostro io bambino!
Si è creato un circolo vizioso tra voi due. Lei è in opposizione.
Prova a fare un patto:
Assaggi e se ti piace ne mangi un pochino, così poi ti un do un po’ di frutta (o ciò che adora) Se rispetta il patto glielo dai. Sennò salta il pasto. E non dovete trasgredire .
Tutto senza rabbia, con molta calma.
Lei sta seduta tutto il pasto e guarda voi mangiare.
Si dovrebbe sbloccare.
Serve tanta pazienza, lo so…
Author
Provo. Adesso abbiamo fatto due giorni senza alcun dolce, nemmeno la marmellata. Solo pane, pasta, carne, pesce, yogurt, frutta. Così sapeva che non c’era altro, e qualcosa mangiava, sempre poco, ma almeno sano, perché se no ti fa la merenda con qualche dolciume e poi a cena rifiuta pure la pasta, che è la cosa più facile sempre apprezzata da tutti. Grazie Silvia :*
A me è capitato un paio di volte. Di “trasformarmi” come disse, all’epoca, mia figlia. Ricordo ancora quella sensazione che avevo in corpo, come dici tu, di centrifugato di rabbia. Sono stata male, dopo.
Eppure non riesco a promettere di “non farlo più”. Non lo so. A volte sono davvero colma e pur sapendo che sono solo delle bimbe…esplodo!
Author
Esatto. Ma io credo che sotto ci sia una sensazione di “intrappolamento”, io personalmente esplodo perché sotto sotto il non riuscire a gestire una situazione mi fa sentire impotente. Se ci si pensa a freddo, se ripenso alle cose e ascolto la mia percezione, e provo a dirmi: “Okay, in ogni caso una soluzione c’è di sicuro. Basta solo cercarla”, già la prospettiva cambia. Ciao Diana, un bacio!
È proprio vero! Certe volte ti trasformando e non riesci a fermare quell’onda emotiva, nonostante già mentre urli ti stai pentendo. È così frustrante! Meno male poi passa e si fa pace 😅
Author
Sì però credo che siccome sono piccoli ne approfittiamo senza volerlo e manchiamo di rispetto…
Appoggio i miei pensieri cosi come vengono sul terribile ricordo di un momento della mia Vita…. Non mangiavo mia madre stremata dal mio digiuno urlava e urlava…io ricordo solo la fatica del mangiare per forza e il dolore lancinante delle urla che riempivano ogni cosa anche il mio stomaco. .. il ricordo successivo e’ un abbraccio che chiede SCUSA che chiede di PERDONARE le urla e che PROMETTE per il futuro ” voci di tenerezza” anche al ripetersi del digiuno….. Perche a mia madre era chiaro cosa era accaduto. … Io ero io la Bimba che lei amava oltre se stessa tanto da urlare il suo dolore perche qualcuno le venisse in aiuto davanti al problema del mio digiuno….. lei non aveva piu forze piu risorse piu pazienza lei era fragile davanti al problema davanti a cio che le metteva paura non per se ma per me per la mia Vita.
Urlava di paura la sua. Cosi in un abbraccio che raccoglieva la sua paura il problema digiuno prese sostanza… .Era il non cibo che parlava per me e diceva a mia madre “nutrimi alimenta il mio Cuore. .. mangero”
Ricordo che finalmente fu chiaro il problema… Io ero io….il digiuno/non cibo….. mia madre “la mia mamma” mentre con lei aprivo il frigorifero e insieme cercavamo qualcosa qualsiasi cosa da mangiare insieme strette in un abbraccio. Piano piano come nei primi istanti dell allattamento ci annusavamo a vicenda e sapevamo riconoscerci e ci nutrivamo l una dell altra.
Author
Meravigliosi e intensi questi pensieri che mi regali, Paola. Grazie. Nel mio caso Isabelle, da sempre schizzinosa col cibo, mi ha portato all’esasperazione per molti atteggiamenti provocatori e di sfida e per quel muso immobile, quando preferirei che mi dicesse “non ho fame”. Sotto, oltre al caldo, ci sarà qualcos’altro, fosse anche solo il bisogno di affermarsi un po’. Di cure gliene do moltissime, anche perché essendo la piccola di casa è un po’ quella supercoccolata. Ma ne diamo a tutti. Eppure sotto c’è quella che dici: una sottile paura. Non tanto che muoia di fame, ma di non saper gestire il suo atteggiamento. Un abbraccio.