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I beffardi

Piccole malvagità

Così, per non annoiarmi mentre mi arrovello per decidere se applicarmi a un nuovo romanzo e dilapidare così ogni energia di quelle residue per i figli, oggi la giornata mi ha offerto due eventi piuttosto notevoli. Sopraggiunti peraltro quasi simultaneamente.

Il primo è di ordine civico. Il secondo, a ben pensarci, pure.

Nella stessa decina di metri quadrati adiacenti al parco davanti a scuola un piccone giaceva morto, la testa staccata di due terzi, e una vettura di modello che non ricordo si acchiappava la multa del secolo. E questo lo ricordo perché se per il piccione non ho alcuna responsabilità, la multa è gloriosamente farina del mio sacco.

Se per caso siete non madri e guidatori incalliti e incivili queste osservazioni e i fatti a seguire vi parranno al limite della dignità umana, ma io da che sono mamma (guidare non guido da sempre) devo spendere almeno una dozzina di bestemmie al giorno per i carrai e i marciapiedi occupati da auto abusive. Questi si producono infatti in giri del tipo

prova-no non passi-torna indietro di sedere-trova un varco tra tutte le vetture che si toccano-scendi dal marciapiede dove il gradino è guarda caso altissimo, e infine: fatti centotrentacinque metri in strada, parallela a questa processione di macchine morte.

Con l’aggravante perfidia di non poter nemmeno deliberatamente smadonnare, per proteggere il mio infante.

Ordunque ho da anni preso la felice abitudine di sfruttare certe avversità urbane per insegnare qualcosa ai miei figli: normalmente sono essi stessi, per esempio, ad apostrofare l’incivile che caga il cagnetto (o cagnone) nelle aree vietate ai quadrupedi, o lo lascia senza guinzaglio. Parimenti commentiamo di solito all’unisono: “Come ha parcheggiato male, questa macchina: non doveva.” Come se le macchine si parcheggiassero da sé. Ma comunque sia: certi non sono parcheggi ma porcheggi.

E così è già da un po’ che al momento dell’ennesimo porcheggio estraggo un biglietto da visita del mio blog, dal lato bianco scrivo: “Grazie alla tua inciviltà ogni madre con bimbo che passa deve circumnavigare il tuo veicolo ed è costretta a stare in strada”. Dubito sia di alcuna efficacia, ma in qualche modo devo poter usare i miei biglietti da visita.

Solo che se me la metti a due spanne dalla cancellata di un box, dove il marciapiede fa uno slargo che infatti ci stai per traverso fino al culo, daje una volta, daje due, alla terza io bracco al volo il vigile che dirige il flusso in uscita da scuola e gli offro la multa: “Senta, quella macchina in doppia fila…”

“Sì, eh, signora, non è che sto qui a fare niente.”
E dice che “dopo va”.

Raccatto Patrick e Sarah, buongiorno al vigile, la macchina è sempre lì.

Sono pronta col mio biglietto da visita, ma un secondo ometto in divisa mi passa accanto, e ci provo pure con lui: “Gliela diamo, una bella multa, a questo?”

E lì tu ti aspetteresti una specie di esaltazione, di vittoria dei mondiali: tra il ruolo della divisa, il potere di applicare sanzioni, il fatto di far rispettare il codice, il senso civico, il farsi bello con una bella donna e tre pupetti (?)…

“Eh, Signora… ero di là all’incrocio a far attraversare i bambini, non è che posso… Adesso vado a prendere il blocco che sta in macchina, un attimo. Guardi che le diamo le multe, eh? Le diamo, non si preoccupi.”

Patrick vorrebbe andarsene, ma io devo sapere se otterrò il mio riscatto o se devo estrarre e applicare sotto i tergicristalli l’ennesimo biglietto.

Finché quello torna, con disumana flemma, compila qualcosa che spero essere una multa vera, e la mette sul lunotto posteriore, e sarà anche vero che le multe le danno, ma mai a chi spacca davvero i coglioni. Perché io credo che, tutto sommato, hanno paura che il guidatore arriva nel mentre, che gli fa un paiolo tanto, e insomma quante grane, e io dirigo i bambini fuori da scuola, e questa cosa vuole.

Secondo me è così.

E poi peccato che i figli fremono, perché lì arriva quella seconda cosa, che c’è un piccione appena dentro al parco, e magari è morto di crepacuore vedendo il parcheggio di quello, e poi l’autista l’ha finito: “Tu non dirlo a nessuno, che ho parcheggiato qua, eh?”

I bambini sono rimasti a guardare il cadavere per almeno due minuti, poi li ho portati via a forza. Peccato, perché a quel punto mi mancava solo di vedere la vittima: ciao caro, paghi per tutti, mi spiace. Stasera entri a casa e sarai tu a smadonnare: “Cazzo, mi hanno dato la multa.”

Però quella cosa, quell’eccitazione da mondiali che non è venuta al vigile: be’, a me è arrivata!

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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