Portami al mare.
Non lo so nemmeno io perché. Non sono capace di nuotare, le onde sono il mio incubo ricorrente. Si alzano e io non sono mai abbastanza lontana.
Arrivano gru di schiuma, sono applausi minacciosi. Eppure in qualche modo poi la risacca vince,
i miei cuori s’inzuppano ma io rimango in piedi. A volte un’onda più audace mi sovrasta, supera la mia intera altezza. Come in quelle foto di surfisti fighi. Non sono né figa né surfista. È un sogno crudele, dove rimangono scavi di sale, le membra come alghe, l’affanno compresso che credi di esalare e invece ti svegli e la stanza dorme, dormono i muri, dormono i cassetti.
Però portami al mare.
Mi siedo dove posso, un po’ in alto, al sicuro. Mi caccio le mani sotto al culo per assicurarmi che le rocce siano asciutte e non mi scortichino. Ci lascio le mie unghie diventate fragili. Quante cose sono diventate fragili?
È che il mare non ha tutte queste pretese di noi umani. Per questo portami al mare.
È una grande bestia e un cucciolo. È il cielo e la terra in una volta sola. È la fiducia nel vento.
Una montagna non fa le stesse cose. Si limita a ruggini d’acqua nelle piogge, a schiaffi di rami nei boschi. Ha una sua forza ma anche una sua presunzione: si lascia fare in piccole morti, in qualche frana. Null’altro. Forse per questo l’amo: mi serve solidità, mi serve quel suo opaco ergersi, senza scuse senza trucchi e riflessi.
Eppure bisogna ch’io impari: la trasparenza che sembra mancanza, inconsistenza. E invece è una bocca aperta. È lasciarsi traversare dal mondo, dagli occhi dei gabbiani e dei bambini. Dalle mani di pescatori e dalle bracciate dei ragazzini. Dalle canzoni delle radio, dalle sabbie, dai vetri, perfino. E restare a modo suo possente. Con quella dignità che resta in basso, che guarda scogli e rocce e nemmeno sa di quelle montagne ardite.
Eppure non s’è fermato un solo giorno. Non una sola domenica.
Ha la vanità assoluta di somigliare al cielo e di posare sulla terra. La statura nobile di bastare ai suoi fondali, alle spiagge, alle filastrocche di sassi e capriole. Lui sputa e straparla nei suoi baffi di schiuma. Per chi viene, per chi non va da troppo. Sempre ancorato a un orizzonte che non lo freghi mai.
Commenti 4
È fatto come noi e anche come l’universo. In fondo apparteniamo tutte e tutti alla stessa natura. Per me il mare è l’elemento imprescindibile. Nuoto, senza alcun stile, non vado in apnea, ma senza il mare, senza il suo profumo, senza il suo vento, senza… non riesco a vivere
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Ma tu sei donna del sud, ci sei nata… Io sono cresciuta in città e in montagna in estate. Il mare è fascino ma anche paura. Ma so che sotto sotto se mi vincessi lo amerei. Magari nella prossima vita. 😉
A me il mare piace ma purtroppo mi rendo conto che, per una paura di fondo, non me lo godo al 100%, a differenza della montagna. Che poi, pericoli oggettivi ce ne sono in entrambi gli ambienti e io nuoto abbastanza bene però…forse è questione di geni o di ambiente in cui cresci, che ti dà quella sicurezza che in altri luoghi non riesci ad avere se non dopo lunga frequentazione.
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L’ambiente fa tanto, per esempio chi nasce su un’isola ha il mare nelle vene, proprio. Comunque tu sei una sportiva abitante del mondo, Giulia. Io invece sono proprio timidina.