Faranno una chiamata su Zoom.
Domani, alle 18.
Sono bambini della materna, che a me piace chiamare così, perché «scuola dell’infanzia» fa pensare a un’istituzione per bambini.
Invece l’asilo è un luogo materno.
Dove insegnanti raccolgono e accudiscono, educano, stimolano e crescono bambini.
Danno i sorrisi delle madri, quando le madri sono al lavoro.
Dispensano abbracci di madri, quando le madri a casa accudiscono figli più piccoli.
Sussurrano parole materne, toccano fronti, danno regole, asciugano lacrime, insegnano vita. In quei tempi e spazi in cui le madri non ci sono. E non perché le madri si stuferebbero a fare sempre le madri (che, pure, è ammissibile). E non perché le madri non sono brave. E non perché le madri devono lavorare (il che, pure, è spesso vero).
Bensì perché
il bambino impara, con figure dolci, che il mondo va oltre una madre.
E coi suoi compagni sperimenta che il mondo va anche oltre i fratelli o i cugini.
Che la vita è enormemente più Grande, curiosa, attraente, ricca, di quella che aveva vissuto fino a poco prima. Perché la natura ha previsto, come per ogni specie animale, che il piccolo pian piano esplori. Senza esplorazione non c’è crescita. E siccome è nel mondo, che vivrà domani: è il mondo, che deve esplorare.
Per gradi.
Per questo si chiama «scuola materna»: perché è un po’ mamma, e un po’ scuola, un po’ sicurezza, un po’ avventura e apprendimento. Un po’ casa, un po’… mondo.
Per questo, quando ci hanno detto che mercoledì avrebbero avuto una sessione di gruppo su Zoom, Isabelle non mi ha chiesto «cosa vuol dire?», non ha domandato cosa sia Zoom.
Mi ha chiesto, invece: «Quanti giorni mancano?»
QUANTI. GIORNI. MANCANO.
E poi si è messa a contarli, le dita dritte, in piedi, delle mani.
Erano cinque, poi sono diventati quattro…
Poi ci ripensa, decide che il giorno in corso non si conta, quello di arrivo neanche. Così sembrano meno.
Stamattina mi dice: «Mamma, hanno sbagliato: dicevano che erano cinque giorni, ma se conti sono quattro. Guarda».
Alza di nuovo le dita, si inerpica in conteggi improbabili. Fingo di darle ragione.
ASSECONDO UN CONTEGGIO CHE CORRE.
L’ultima volta che l’ho vista così, contare, ripetere, scalpitare… era Natale.
Commenti 3
Mia figlia, quarta elementare, ha fatto un solo incontro con la classe su zoom prima delle vacanze di Pasqua dopo il quale, non so perché, ha immaginato ce ne sarebbero stati altri. Quando le ho spiegato che quell’incontro sarebbe rimasto unico e solo, le ho visto disegnato in viso la stessa delusione che avrebbe se scoprisse che le abbiamo mentito su Babbo Natale.
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Lo capisco. Ma perché non ne avete organizzati altri? Io invece credo che pianificarne diversi, magari a scadenze fisse, serva anche a strutturare il tempo e la socialità. Diventa un appuntamento, che in questa quarantena sospesa non è poco! (Anche qui, comunque, dopo la sessione di zoom, non so se e quando ne seguiranno altre, ma mia figlia, dopo aver contato i giorni, si è messa a contare le ore, giuro).
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