Dov’è, la vostra tempra? Dov’è, il vostro fuoco? Quello che mettete nei sorrisi, negli abbracci, negli anni e nei cuori, nel vostro lavoro? Tutto fermo per un divieto?
Nessuno può vietarvi tutto.
Ma io… non ho visto nulla
Milioni di individui vivono una clausura impegnativa, e nessuno la racconta
«Meglio così che malati, io mi tengo stretti questi giorni». Tutti hanno questo timore reverenziale, che se ti lamenti di stare in casa poi viene la morte e ti bracca. Poi toccherà a te.
Lasciatemi fare
Il dolore si arrampica come uno scarafaggio. Te ne liberi solo se lo prendi, non se lo ignori. Te ne liberi solo perché sei più grande di lui
Come posso
Sono urla, sono insulti. Il suo ritornello è che non posso avere ragione sempre io. È in quella fase del disvalore quando crede che l’amore di un genitore sia proteggerlo a tutti i costi dai dissapori. Dargli ragione. Rinunciare alla tua. Come se ogni volta che acconsenti potessi gonfiare la ruota della sua autostima. Ma il buco, quello non lo ammette. Facciamo fatica noi grandi, figuriamoci quando non sei più niente: un bambino che smette, prima che un adulto cominci. In quel corpo confuso, le gambe esili senza una minaccia di peli. La voce ancora alta, bianchissima, i denti troppo larghi in una bocca da latte.
Perché non hai pianto, quella volta?
Perché non hai pianto, quella volta? Sotto quel banco a scuola, dentro un paio di guanti verso il metrò, in un vagone per un luogo che non vuoi più, davanti a quel volto stabile di tua madre, dietro a quell’uomo che se ne va, accanto a un’amica che non sa capire e in fondo alle scale di un palazzo? Nel chiasso delle giostre, in quella lattina che vi passavate e nell’ultimo giorno di stelle… Per un buon motivo e per nessuna, valida ragione.
Non stare con chi ha già deciso chi sei
Non stare con la gente che ti fa sentire un manichino. Che non apprezza quello che sei. Che non aggiunge valore alla tua verità. Che non sa cosa farsene della tua ricchezza.
Non stare con la gente che quando arrivi non ti chiede «raccontami quello che ami». Perché tu sei quello che ami.
Se adesso Bea piangesse
Se la smettessimo di muoverci con il bianchetto emotivo per cui solo qualcosa, di quel grande mondo che sono, è consentito e accettabile.
Se adesso Bea piangesse liberamente, se sua madre dicesse che va bene così, che gli altri sorridono e presto sorriderà anche lei.
Lasciar piangere
Piangeva ancora. Ho pensato a tutte le volte che ci ingoiamo i sassi di mali nascosti, come grani di sale grosso