Sto lavorando a un romanzo. Bisogna che mi ci metta prima di aprire i social, di collegarmi al mondo.
Di solito mi alzo, faccio colazione, mi assicuro che i figli siano bravi. Il telefono è una custodia che dorme, sul banco della cucina. Se compio l’errore di guardare Facebook, se ho lasciato Chrome aperto, i suoi tab come quelle file di lenzuola ai balconi, allora poi non entro più nel testo.
Stamattina è stato difficile. Avevo sognato Patrick vicino al portone del condominio. Non lo varcava, stava lì, guardava oltre il vetro: «Qui c’è il pianeta Terra».