Quando è il nostro turno di uscire è tardi. Sempre tardi. Abbiamo speso venti minuti tirati, lei in quel fermo immagine di una brioche troppo lenta, morsi minuscoli e il tempo che sbrana, “dai Isabelle, che siamo in ritardo!” Salta su quel fusto esile di sua madre, galoppiamo con la fretta che si spegne passo dopo passo: “Pesi troppo, amore, non ce la faccio più.” Ad ogni non ce la faccio più mi incolla un bacio, mi fa ripartire. È il secondo, meraviglioso momento della giornata.