Adesso ha trent’anni, l’importante è proteggere chi ama, a costo di restare schiavo a vita, dice. La mano segna il suo disappunto, però gli occhi sono insetti vivi.
– Sei giovane, hai tempo per grandi progetti.
Sarah gioca ancora col lego sul tavolo, il ragazzo ha deciso di fare il subacqueo, va sotto e pesca: relitti di vita, d’infanzia, di lotte. Riscatti. Me li porta tutti con zelo, ricompone il rosone di quella chiesa a pezzi in cui l’infanzia non gli ha dato giustizia.
Perché ti ho detto no
Ti ho detto no perché mia figlia mi ha detto vieni, e io sono andata. Non ho detto aspetta, non ho detto un attimo. Sono andata e basta. E ho conosciuto la soddisfazione di esserci, per una volta, subito. E la sua faccia bianca volava.
Ti ho detto di no perché alle cinque prendo gli altri miei due figli a scuola, e non voglio essere, nel folto della folla, la faccia corrucciata che un amico mi ha indovinato ieri. Quando chiedeva – Cos’hai? Sempre così – increspando la sua fronte a imitazione della mia.
Ti ho detto no perché viene la primavera, e compreremo piante e fiori nuovi al vivaio
Finte priorità
“Un attimo” è la risposta cult. Quell’attimo è così largo che la maternità ci entra tutta dentro. Tutta intera.
L’altro giorno Sarah era al cesso, mi chiama una volta, due. Lascio passare almeno due appelli, al terzo dico “un attimo”, al quarto “un momento”. Al quinto mi rispondeva sospesa con le sue gambe ancora corte sulla tazza: “Mamma, i tuoi attimi durano troppo.”
Certo, perché sono una bestia.
La prima della cassa
Affacciata al mio palloncino di quattro mesi, ieri, all’Ipercoop, faccio il primo tentativo di questa gravidanza di arrogarmi il diritto di precedenza alle casse. Ce ne sono almeno una dozzina, c’è abbastanza gente: la maggior parte è aperta e con coda. Ho Sarah nel passeggino e, sotto, una decina di prodotti che forse, a contarli, potrei andare in quella “veloce”, …