Com’è bello ricordare i vecchi tempi!
Oggi, complice una dose massiccia di cortisone inalato via aerosol da diversi giorni e soggetto, oso supporre, a fenomeni di accumulo del tipo “intossicazione”, hai dato il meglio di te, riportandomi allo strazio dei primi mesi.
La felice abitudine che avevi preso, di addormentarti pacificamente al seno davanti alla tv intorno alle 23.30, è stata abbattuta in favore di un incerto dormiveglia cui ti approssimi con generosa cautela intorno all’una di notte. Stamane alle 6 eri già sveglia, ti ho attaccata a più riprese ad ogni tetta possibile (scusa se sono solo 2), poi, esangue, ho passato il tiro, sotto sua candidatura spontanea, a tuo padre, steso al mio fianco, immobile, avviluppato nel lenzuolo come Lazzaro prima della resurrezione. Abbozzolata lì accanto hai retto fino alle 8.30, in quale modo non mi è dato saperlo, dacché mi sono ben guardata dal ficcare il naso nello spiraglio della porta per verificare le tue condizioni: mi è bastato sentire ogni quarto d’ora un rantolo di tosse per rincuorarmi che eri viva.
Da lì, la veglia perpetua.
Però, vedi, mentre tu accumuli cortisone e stanchezza che ti rendono irritabile, anch’io incamero nervosismo e consumo pazienza, e così, dopo giorni di fatiche mal ricompensate, oggi mi sono vista cedere malamente, piagnucolante come un salice. Qua e là un tuo sorriso mi teneva ancorata al presente, una boa in mezzo al mare dei ricordi, ma, per il resto, irritabilità, insonnia e pianti frequenti, erano copia piuttosto ben riuscita dei tuoi primi due mesi.
Per non soccombere del tutto ho dovuto dare fondo ai miei risparmi (energetici e non). Mi sei costata, nell’ordine:
-una mattina spesa a letto con te nell’ingenua illusione che entrambe avremmo dormito
-quattro chiamate a tuo padre, nelle quali mi bastava sentire la sua voce che proponeva con dolcezza “vuoi che torno?”, piangere come una bambina isterica, declinare e poi ripartire
-tre caffè
-tre pianti inconsolabili e inconsolati (tuoi, sta volta): miseri tentativi di staccare lasciandoti lì, proprio come suggeriscono i libri. Rimedi del tutto inefficaci: sapevo che stavi piangendo, più cercavo di non sentirti più ti sentivo, e al nervoso per i tuoi strilli si sommava un senso di colpa mescolato a sensazione di impotenza. Meglio adoperarsi per cercare di calmarti.
-due sigarette clandestine (ovviamente in terrazzo, mentre tu eri in casa a strillare, e ormai nemmeno più “clandestine”, vista la rapida diffusione sul web)
-una passeggiata di rassegnazione, ormai alle 15 (dopo 9 ore di tentativi falliti), con passo dal vigore crescente per favorire il tuo dondolio nonché il drenaggio del mio nervosismo
-una seduta rigenerante al parco giochi coi tuoi fratelli dopo l’asilo dove, sfiga vuole, non trovando nessuna delle mie mamme amiche, mi trovo a rimediare con spropositato, spavaldo accorciamento di distanza e improvvisa intimità con una mamma vista poco più di due volte, causa urgenza sfogo e bisogno di sostegno: “Ciao, avevi detto, una volta, che se avevo bisogno di aiuto…? Ecco.” Le ficco la bimba in braccio e sbrodolo malamente tutte le mie lamentele. Non è male, sai? Si può ricorrere al parco giochi come baby-parking, se proprio sei allo stremo: vai lì all’ora di punta… una mamma la trovi sempre.
-50 euro di cena con online delivery ordinata nel secondo pomeriggio – te in braccio che ciucci – , pensando che devo viziarmi e che me la merito.
Il tutto per sopravvivere.