Un pezzo di carta stagnola. Era il vestito regale di un tozzo di banana rimasto dalla colazione di ieri. Una volta a colazione mangiavo con gusto, ormai infilo a stento in bocca qualcosa, annegato in un caffè lunghissimo. Patrick è già lì, sta disegnando cartine. È nell’età in cui si fanno ancora grandi sogni ma li si lancia come progetti, con una certa presa che sugli adulti definiremmo presunzione. Che io, invece, invidio e sostengo.
– Sai mamma, non sono sicuro di fare lo scrittore, forse farò l’inventore.
Stamattina gli suggerisco il geografo, me lo immagino su un velivolo a fare foto aeree, girare il mondo dall’alto.
– Ma no, guarda che sono inventate.
– Ancora meglio.
Ingoio un sorso di caffè, l’altra mano afferra quel pezzo di carta d’alluminio, guardo le sfaccettature, come riflettono diversamente la luce, come sembrano rilievi di una cartina in 3D. Inizio a modellare.
– Guarda, ci puoi fare una montagna.
E così cominciamo. Con la mano, sotto, spingo le alture, con le dita, sopra, modello le creste dei rilievi, gli avvallamenti. Lui china la testa, la posa rasente il tavolo, ha mollato i suoi disegni, cammina con gli occhi sui dossi argentati, qui c’è una fossa, dice. – Sì, c’è un laghetto alpino.
– Questa è la via più facile per salire, dietro invece sono rocce.
– Oppure c’è la via sulla cresta.
Indichiamo la vetta, gli dico che se uno abita “qua” – immaginiamo un villaggio – gli sembrerà che quella sia la cima, ma la vera cima è quella dietro, è una questione prospettica. Lui capisce in pieno, infatti adesso sdraia la guancia sulla tovaglia e così si accorge che è vero, da lì sembra che la cima sia la prima.
– Come mai sembra di mille colori?
– Perché la stagnola riflette tutto – gli tocco la maglia, indico la parete, il cielo che arriva dalla finestra. E poi gli spiego: – In verità è proprio così che si sono formate le montagne e le valli, con le forze della crosta terrestre, i venti, le precipitazioni. Tutte queste spinte hanno fatto quello che stiamo facendo noi con le dita e le mani.
– È così che dovreste imparare la geografia.
– Non mi piace la geografia.
Eppure è quella che disegna sui fogli per lunghissime ore. È la stessa che stiamo facendo noi.
È che irrita, l’idea di portare in casa, di sabato, una materia scolastica. Basterebbe fare il contrario, portare il sabato e la stagnola a scuola.
Scatto una foto, gliela mostro, lui si accende: – Sembra vera! La mandiamo al nonno, quando torniamo da Courmayeur, così lui pensa che abbiamo fatto la foto al Monte Bianco!