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Maternità

Una figlia

IMPARIAMO A CONOSCERE UN FIGLIO NEL MOMENTO IN CUI LO LASCIAMO ESSERE DIVERSO DA CIÒ CHE AVEVAMO CAPITO

 

Scuotere le cose per la prigionia dei bambini perfino al centro estivo, è servito. Ho discusso, ho scritto mail al Comune. Oggi la trovo fuori, Sarah. In quel piccolo quadrilatero liso come cuoio vecchio: però fuori.

Ieri era una sagoma aggrappata ai gradini di casa: ci siamo fermate lì a parlare, sono stata io, la prima. Mi sono posata su quel cemento mentre gli altri entravano. Le ho fatto un gesto, vieni.

Volevamo mandarla all’oratorio, almeno sta all’aperto. Invece lei piange, così, non dice nulla, si blocca che pare finta, e in quella cera spenta le sfugge un pianto vivo. Non posso usare mia figlia per le mie lotte. Nemmeno se sono giuste, valide.

Farei lo stesso errore di cui accuso gli altri: mettere le mie convinzioni prima dei bisogni e dei desideri reali di un bambino.

Non conosce nessuno in parrocchia. Nemmeno a scuola. Però qui è tutto organizzato, anche troppo: non si annoia. Da qualche parte si mescola l’interesse con la sicurezza, mi trovo con una maternità espansa nei suoi dubbi di sempre, a misurare quanto proteggere, quanto spingere: – Facciamo un gioco. Di ogni cosa che dico mi rispondi quanto è vera. Uno se è poco vera, due abbastanza, tre tantissimo. “Mi piace il campo estivo della scuola perché faccio tanti lavoretti”.
– Tre.
– Mi piace il campo estivo perché ci muoviamo tanto.
– Tre.
– Mi piace il campo estivo perché mi sento sicura, ho il bagno, non usciamo.
Tentenna, poi decreta: – Due… o tre.

Mi dice possiamo fare un giorno qui e un giorno lì. Forse per farmi piacere. Però ha quel viso stinto, adesso sembra anche lei un pezzo di muro, lo svegliano solo piccole efelidi come puntini scappati da chissà dove e che adesso riposano lì, sotto quegli occhi di muschio: sanno che è un buon ricovero, un’ottima locanda.

– Sei sola? – le chiedo.

Non parla con nessuno, la immagino fare ciò che mi racconta, orbitare intorno ai compagni, proporsi a stento a giochi ormai finiti mentre una mano annoda capelli. La sua voce di solito squillante s’accuccia, d’un tratto le somiglia incredibilmente.

Quanta emozione, mettono i bambini in una voce! Riescono a starci dentro tutti interi. Magari accovacciati, arrotolati. Però interi.

Sarah osserva: gli altri giocano, lei guarda. Le sta bene. Non tutti vogliono protagonismo. Invece confondo il suo estro con la forza, il suo chiacchierio domestico con l’idea di mille teste attorno alla sua. Ma la mia bambina, quel viso accanto alla parola “sola” fa come un calcio dentro, e lo nascondo appena.

La sera le propongo di portarsi quella rivista con le figure da vestire, corpi improbabili di ragazzine stilose, adesivi di leggings, di top coi lustrini: – Ti è più facile parlare con qualcuna, condividendo qualcosa.

La trovo così, la sua fascetta rosa, i pantaloncini color limone: è in cortile, mi raggiunge alla ringhiera non prima di aver chiesto il permesso all’educatrice. Me lo dice subito: – Mamma, ho giocato con la rivista! Adesso ce l’ha Caterina…

Ha il mento tra le sbarre, tenta un bacio, mi arriva insieme al suo orgoglio.
– Però non siamo ancora amiche.
– Per quello ci vuole tempo. Ma intanto hai cominciato a scambiare due parole, vedi?

E adesso contale, quelle lentiggini. Non sono più ferme: saltellano. Qualcuna – la sento – mi è venuta addosso.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 8

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  1. Anonimo

    Hai fatto benissimo a cercare il.modo per farla andare e un.ottima idea quella di.portarsi.un.gioco da poter condividere. Mi hai dato.una bella idea anche a me. Il.mio amore 3 anni vivace ma come si trova in mezzo a qualcuno fa il.timido non.vuole andare. E non lo mai forzato . Pero trovo giusto provare a spingerli.un po e trovare una soluzione come portarsi.un gioco da fare amicizie. Sempre bellissime le tue parole sei fantastica

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      Maddalena Capra Lebout

      Quello che mi dici mi conferma che evidentemente sono molti i piccoli vivaci a casa ma poi timidi in mezzo agli altri… Non so se e quanto soffrano di questa “solitudine”, ma come ho detto e come dici anche tu secondo me proporre modi per aiutarli senza costrizioni è giusto e utile. Anzi: amorevole. Grazie per le tue parole!

  2. Lorenzo

    Ciao Maddalena,
    il tuo post mi ha ricordato 2013 l’anno scorso all’asilo estivo. E quest’anno è già terrorizzata all’idea di tornarci. Per lei il fatto di conoscere nessuno la blocca tantissimo. Lei ha bisogno di molto tempo per inserirsi. I bambini sono se stessi quando si fidano di chi hanno accanto. E la fiducia è una cosa preziosa da dare solo a chi te la ricambia, e 2013 questo cosa la sente tantissimo.
    Un caro saluto
    Lorenzo

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      Maddalena Capra Lebout

      Sono parole preziose e vere, quelle che scrivi, Lorenzo. Per alcuni bimbi è proprio così, hanno bisogno di testare, assaggiare, prima di fidarsi. A presto, e buona sezione estiva dell’asilo alla tua piccola.

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