QUELLA VOLTA CHE VI HO PORTATO A SCUOLA ED ERA PURE PRESTO
Lui è malato. Che a dirlo fa un po’ pena, il mio blog – pensavo – dovrei rinominarlo “Pensieri sanitari”.
– Ma se vuoi li porto io i bambini a scuola.
– Seee. No, tu stai fermo, e non ti muovi, ché stasera arriva tua madre dalla Francia: servono energie e un uomo Sano.
Dicono che nella vita ogni tanto bisogna cambiare il punto di vista. Come ne L’attimo fuggente. Il professore saliva in cattedra e da lì il panorama era tutto diverso. Io a volte cambio posto a tavola, sembra una cagata ma ha il suo effetto, la cucina diventa enorme perché ce l’ho davanti anziché di spalle, e i miei figli paiono tutti al contrario.
E allora siccome è sempre lui a portarli e poi va dritto in ufficio, questa mattina schiodo io. E capisco un sacco di cose.
Innanzitutto l’attimo è proprio fuggente: – Ma voi, quindi, volete dirmi che uscite ogni giorno con questo freddo?
Procediamo a larghe falcate nonostante le piccole gambe e il generoso tempo a nostra disposizione. Guardo i miei due personaggi oggi leggermente gasati dall’Evento di me che li accompagno e li trovo indicibilmente coraggiosi. In effetti, osservo, la scuola in inverno dovrebbe chiudere.
Per una volta sono come tante altre, non sono la formica rossa, la pecora nera, la bestia arcobaleno: avanzo nella stessa direzione di un’incerta fiumana di genitori e bambini, chi per mano chi no, serrando i guanti dei miei figli per assicurarmi che quel giorno di mani slentate sia ancora lontano.
– Ma a che ora apre di preciso la scuola?
La madre più ignorante di quella intera fiumana ha appena fatto il suo exploit divertito, quando si sincera che l’orario dev’essere 8.20-8.30, un altro attimo fuggente, se manchi il colpo sei fregato, è necessaria un’ottima mira.
Lì, la scoperta: il portone è ancora chiuso. Chiuso… ah!
– Ecco, Patrick, volevi la neve? Questione di ore.
Più sconcertante di un inutile e irripetibile anticipo dei sottoscritti, però, c’è l’ammasso di scolari e genitori: scalpitanti come cavalli pronti alla gara. Ma che è? Tutti impazienti di correre ai posti, roba da non crederci.
La commessa apre il portone di vetro ma ancora ci lascia lì ai calci di rigore, allineati e balbuzienti nel gelo.
– Magari la scuola è chiusa, dai va be’, basta, andiamo. Cappuccio e brioche?
Sarah mi srotola un sorriso che vale quel freddo, ma io non manco l’occasione per una buona lezione.
– Allora, bambini, oggi abbiamo imparato l’inutilità dell’anticipo. Perché, se arrivi in ritardo, in qualche modo puoi sempre entrare, recuperare. Ma se arrivi presto sei fregato. O no?
È che bisogna uscire dagli schemi, Patrick stiracchia il suo daiii! da giovanotto irritato. Perché lui fa fatica a prendere il diverso, ha i suoi conteggi. Di solito ci comanda tutti a bacchetta: – Sarah, sbrigati, sono già le 8.02! – E poi, insoddisfatto della neutra reazione sbarazzina di lei, prova con me: – Ma la Sarah deve ancora vestirsi! Sono le 8.03 – (a sto punto).
Oggi, non lo ammetterebbe mai, ma ha evidentemente registrato che il tempo fuori dalla puntualità può essere fastidioso anche in senso opposto al solito.
E poi vanno. I miei baci si affollano nel poco spazio ancora libero dalla lana di sciarpa e cappello, e loro via, dentro, su per la scalinata. Vederli andare. Un’altra cosa al contrario, di solito li vengo a prendere, li vedo arrivare.
Corrono anche loro, io resto un po’, punto le loro teste incappucciate tra altre mille biglie colorate, le guardo diventare sconosciute nel mucchio.
“Anticipo” comincia come “antipatico”. Non credo sia un caso. Gli anticipi non sono mai una cosa buona. Sono ladri travestiti da cortesia. Chiedono troppa pazienza, lasciano troppo tempo ai pensieri.
Commenti 4
Io detesto arrivare in anticipo!!! E non mi piacciono neanche le persone che arrivano in anticipo. Mi colgono sempre di sopresa, facendomi sentire inadeguata. Però se arrivano in clamoroso ritardo mi arrabbio. Insomma, attimo fuggente!!
Che bello questo tuo trarre insegnamenti e pensieri profondi da azioni apparentemente banali.
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Sì, normalmente chi non è mai in anticipo non ama chi invece lo è. Io sono sempre sul filo, tendente al ritardo, ma minimo: per me l’ideale è il ritardo di 2-3 minuti, quella è la mia idea di puntualità. Se superi i 10 però sei “out” 🙂
Io ricordo ancora con terrore la sveglia mattutina della mia infanzia (non che ora mi stia simpatica). Non ho mai capito perché la scuola non iniziasse alle 10, con calma. In ogni caso mi hai dato un bello spunto, io accompagno e lui va a prendere, qualche volta dovremmo cambiare, tanto per variare angolazione 😁
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No, noi da piccoli niente sveglia, era mia madre che veniva a chiamarci… Se nessuno chiamava e sentivo una mano delicata sulla spalla sapevo che lei era malata a letto, e che quello era mio padre!