Le alte temperature sparano neve bagnata come kamikaze, la neve sui tetti si fa spugnosa, si lascia scivolare dalle distese delle tegole, si schianta in piccoli fracassi. Il grigio dell’ardesia, poi quello degli asfalti. Basterebbe una matita a carboncino e lo disegneresti tutto quanto, tutto intero, questo villaggio che vedo oltre il merletto di due tende ai vetri.
Sotto, sui caloriferi, riposano incerti accostamenti di pantaloni da sci per quello che sarà il primo esperimento dei due grandi. Saliranno spinti dall’entusiasmo e dalle centinaia di euro spesi per accaparrarsi un maestro e l’outfit che in nessun luogo siamo riusciti, semplicemente, a noleggiare. C’è da sperare che Patrick lasci sospeso come queste nubi il suo dissapore alla vita, è capace che quando gli si scioglie il bambino che era pare un tagliaerba, una falciatrice: arriva e mena tutto, più niente si salva a un’ira che gli scoppia da chissà dove. Facile, sarebbe, tentare la carta del vizio, l’asso genitoriale del riporre un sorriso su quel faccino lunare. Farcelo atterrare come una sonda spaziale. Durerebbe poco. Ieri alla scuola dove prenotavamo ha detto a stento il suo nome, la ragazza non coglie, lui grugnisce: Patrick è come Paganini, non ripete.
La lezione gliel’abbiamo fissata lo stesso. Mi veniva in mente quando mia madre mi tempestava di quei piccoli chiodi: «Non te lo meriti, non vi meritate niente». E io, che scrivo di amore per sé, di quanto ognuno sia unico e meritevole, non posso mica farlo, di picchiettargli quegli stessi chiodi. Però lo ammetto: ho sperato che quel maestro se lo prenda un po’ sulla novità e che invece di incagliarlo negli errori e nelle sfide che di certo si troverà ad affrontare, lo sollevi. Una musica fuori dal rigo, una voce fuori dal coro: a volte è lo scossone giusto che ti scompone, e poi quando ti posi sei tutto bello e nuovo, sei luccicante che ti han dato la cera.
Magari mi torna con quell’orgoglio segreto che però noi sappiamo leggergli.
Chissà quanta neve, lassù: tutta la pioggia della vallata è fiocchi in quota… Diciamo che alla peggio ci avremo provato. Che gliel’avevamo promesso.
Sarah la stavo convincendo a provare lo snowboard, solo che poi salta fuori che allora essendo due lezioni distinte – quella di sci per lui, e snowboard per lei – ci costa ancora di più.
«Sarah, be’ dai, no… tutto sommato no… lo snowboard… bah… non è granché sai? Lo sci, invece… Bello, sciare! No, davvero, io ti consiglio gli sci. Già ti immagino, che quasi danzi…»
E così rimedio. Madre degenere.
Poi c’è stata la crociata del materiale. Ho dovuto dirlo, in qualche svolta del percorso accidentato tra folla e prezzi: «No, be’, sembriamo cittadini fantozziani, ma è che noi in montagna ci andiamo eccome, solo che è sempre d’estate. D’estate siamo esperti». Mi sembravo quei guidatori della domenica che non sanno nemmeno infilare la terza, viaggiano in Panda tra la prima e la seconda marcia, il carburante residuo da una fila interminabile di sabati, unica occasione in cui estraggono la vettura per andare all’Esselunga.
I primi guanti che ci propongono sono a 40 euro. Il paio.
«Oddio, contando che li usano domani e basta direi un po’ cari. Non nel senso di affettuosi».
La ragazza francese, tradita da erre ancora rullate e profonde, scende con entusiasmo fiducioso su uno più economico: «Questi costano 31. Ma sono comunque impermeabili!»
«Ah, be’, allora…»
Usciremo senza. Mathias e i figli gireranno sperando invano in un noleggio. Torneranno con un sacco dotato dell’indispensabile e con la frettolosa promessa: «Dopo li rivendo». Mathias si assicura che non stacchino le etichette con le istruzioni per il lavaggio, «ché se poi devo venderli». Poco mancava che mentre Sarah provava i suoi pantaloni da sci le facesse una foto e la schiaffasse già su eBay.
Isabelle e io saremo qui. Donnine alla vecchia maniera. Spero sia volenterosa e giocosa, che non s’impunti in qualche sua ragnatela di quelle che ultimamente le piace intessere, dove ogni mossa che fai, la sbagli.
Adesso scendo di sotto, in questa stanza (che Patrick chiama «la stanza di Gesù» per via di un minaccioso crocefisso) si gela: è così – dicono – che il Cristo si conserva. Vado a ridere di quei pantaloni rossi accoppiati a guanti fucsia e a giacca bordeaux. Giuro. Mathias ha detto «non ho badato ai colori». C’era da credergli.
Commenti 3
Mai badato agli accostamenti di colore, sugli sci. in effetti, non è uno sport semplice, da questo punto di vista. Tuttavia, considerato che andate tutti gli anni in montagna di inverno, strano che non abbiate pantaloni imbottiti e guanti da neve. Cappello c’è e giacca pure, di sicuro…altro non serve e l’attrezzatura, per fortuna, si noleggia. Perchè comprarla per i bambini è un debito. A parte il costo, come è andata poi?
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Non andiamo mai in montagna d’inverno, Giulia. Proprio, proprio mai. La sola volta, da che abbiamo figli, fu 4 anni fa. La lezione è andata bene, era Patrick, soprattutto, che voleva provare, ma alla fine si è divertita di più Sarah, che è di bocca buona rispetto a lui. 😉
Sì vede che a forza di vedere foto in montagna e leggere i tuoi post,mi ero convinta andaste anche in inverno.o forse ricordavo 4 anni fa.