Oggi mi sento una madre da meno.
Non ho passato tempo con loro, spesso l’ho fatto gridando: mi sono raccontata che i figli erano nervosi e che per questo dovevo tirare le briglie.
Mi sono detta che c’era molto da fare e in pochi momenti ho avuto un aiuto da quelle piccole mani. Mi sono detta che in ogni caso non avrebbero spolverato come farei io, o steso, o riordinato. Che faccio prima a fare che a spiegare e poi correggere.
Oggi mi sento una madre da meno.
Non ho cercato baci e, forse, non ne ho dati. Ogni volta che ho visto i giochi che i miei bambini costruivano o inventavano ho detto loro di mettere a posto, invece di «che bravi, che meraviglia!»
Mi sono seduta a pranzo e ho trovato irritante la loro ennesima competizione a chi sta accanto a me. Avrei voluto istruirli: «A me non cambia niente». Non perché amassi avere accanto ognuno di loro, ma perché ne avrei fatto volentieri a meno.
Oggi mi sento una madre da meno.
Sono rimasta tutto il giorno dentro il mio corpo come quei ronzii dopo un rumore assordante. Non c’era parola che si posasse né desiderio che mi spingesse. Li guardavo con un occhio scollegato dal cuore, li accudivo con un braccio staccato dall’intento.
Adesso arriva la sera e so che avrò poco tempo per dimenticare queste stanze solide, che paiono infrangibili. Poco tempo per connettermi. Poco per salvarmi dalla colpa di sentirmi una madre da meno.
E forse, il modo migliore, è concedersi che ogni tanto possiamo essere: madri da meno.
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