IMPARIAMO LA PARITÀ IN QUESTO: NELLA STRAORDINARIA SCINTILLA CHE OGNI SOGNO PUÒ DARCI
«Non vedo l’ora che sia domani» diceva.
Il vestito era pronto sulla sedia, le ho proposto io di preparare tutto la sera prima. Vuoi anche le ballerine d’oro?
«Sì, prendo tutto l’occorrente».
A volte mi chiedo dove impari certe parole. Sono belle, le parole nuove, che vengono da fuori, che non usiamo noi normalmente: sono il segno dei piccoli che sorseggiano il mondo.
Adesso s’infila nel vestito da Principessa Sofia. So già che alla materna i maschi saranno vestiti da supereroi, le femmine da principesse. Non me ne frega niente della ripartizione tradizionale dei sessi.
Le femmine sognano questo, e non perché pensino di non poter avere di meglio. Non perché gliel’abbiamo imposto. Loro non lo sanno nemmeno, che diamine faccia una principessa:
facile che fossero tali si logorerebbero nella frustrazione delle convenzioni. Ai bambini non piacciono, le convenzioni. Alle bambine nemmeno. Però vogliono fare le principesse. L’altra sera abbiamo chiesto ai figli quale fosse il loro sogno. Lo sapete che se non approfittate dei sogni quando i bambini sono piccoli… poi si consumano? Che si ridimensionano, la ragione li fa lisi, li schiaccia e li trita come un mixer della cucina?
Patrick a 10 anni li ha già persi. Sarah a 8 anni rimane sul fare la maestra, o azzarda le nuove professioni, come la youtuber. Tutte cose realistiche.
Isabelle ha risposto: «Voglio fare la principessa. E poi voglio cavalcare un unicorno».
E poi non voleva cedere la parola, diceva che un sogno era troppo poco, che lei ne aveva tanti.
Tanti.
I sogni diventano piccoli, quando noi diventiamo grandi.
Fortunatamente oggi era una nuvola di «straordinario», un volo oltre lo steccato: all’asilo i bambini s’addossano sempre alla porta, quando arriva qualcuno. Così siamo lì, vogliono vedere Isabelle, io voglio vederli tutti.
Le femmine da principesse, i maschi da eroi o combattenti. C’è un mucchio di tempo per diventare guerriere. E per essere eroi senza distinzioni di genere.
Ci preoccupiamo tanto per cosa, se poi i sogni si sfilacciano?
Io stavo lì e non me ne sarei più andata: «Non vedo l’ora che sia domani».
Continuate a sognare, a non vedere l’ora che sia domani.
Siate eroi e principesse nell’attesa fibrillante di un costume sullo schienale di una sedia. E poi nel giorno che lo indossate. Indossatelo quando vi pare.
Il carnevale quest’anno è vicino alla festa della donna. Ho sempre pensato che ci vorrebbe anche una festa dell’uomo, visto che vogliamo la parità.
Ma non fa niente. Cominciamo con quello che abbiamo: impariamo a non vedere l’ora. Impariamo a mettere il vestito bello in un giorno qualunque, a fare carnevale fuori stagione, a non avere stagioni né tempi. Impariamo che vale la pena. Che il desiderio vale sempre la candela.
Impariamo la parità in questo: nella straordinaria scintilla che ogni sogno può darci.
A ognuno di noi.
[Image by jbundgaa on Pixabay]
Commenti 2
E’ molto triste, a ben pensarci, che la dimensione dei sogni sia inversamente proporzionale al crescere dell’età. Anche per questo a mio avviso è un privilegio il fatto di avere dei bambini in casa, quello di avere dei promemoria ambulanti che ci ricordano come si fa a sognare. un abbraccio Maddalena
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Ciao Alessandra, sono d’accordo: i bambini sono il privilegio di allenarci di nuovo a sognare. Ma perché mai abbiamo smesso? Un bacio, a presto.