HO GUARDATO I SUOI OCCHI DI CANE, CHE SEMBRANO BATTAGLIE PERSE: “CHISSÀ COSA PENSA, LUI LÌ, SOLO, DI FRONTE A UNA DONNA INNAMORATA CON LA SUA BAMBINA.”
Lui e il suo cagnetto senza arte né parte.
Una volta lo incontravo con la fidanzata: “Uscite per un aperitivo? Ah, bei tempi…”
“Ma che aperitivo, quello ormai è roba vecchia, non si fa più. Si esce per un calice di vino.”
Un calice di vino.
Poi dei tre sono rimasti due: lui e la cagnetta. Il mattino alle otto, la sera alla stessa ora. Esatta. Forse anche il vino è sparito, chissà.
Lo trovi con le bermuda, in questa parte dell’anno, una polo azzurra che vira al lilla, gli occhi da San Bernardo, azzurri anche loro, potrebbero sembrare cielo, e invece c’hanno qualcosa anche quelli, che vira, che se li porta via come un soffio di vento dispettoso.
Lo incrocio mentre attraverso il parco con Isabelle nel passeggino. Lo riconosco, già da lontano, perché è una sagoma evidente, con la sua pancia un po’ piena, i capelli folti. E, sì, le bermuda e la polo.
Il cane è uno sputacchio di pelo, di quelli che abbaiano forte forte e si ammazzano e si sgolano eppure ne esce appena un sussulto che quasi ti fa pena.
Loro due: davanti a noi due.
Nessuna fretta nelle gambe, nessuna faccia dall’altra parte della cena che li attende.
Guardo la sua solitudine dondolare sulla stradicciola, il guinzaglio molle che lega due silenzi. Una corda che assicura lui, più che la piccola bestia.
Come si fa in questi casi, che non siamo niente né amici né altro, due vicini che di vicino non han neanche un parere alle assemblee condominiali, conto le cime degli alberi, lancio lo sguardo dove vuole, nel tempo giusto che so, nel tempo che ci vuole. E poi siamo davanti.
Ha fatto anche lui i suoi conti, e adesso raccoglie un respiro, alza piano il sopracciglio, in una sorpresa che non sa mentire: “Ciao.”
“Ciao.”
Quasi all’unisono.
E via, di nuovo. In direzioni opposte. Ognuno sui passi lasciati dall’altro.
Ho guardato i suoi occhi di cane, che sembrano battaglie perse. Il languore che li lucida: Chissà cosa pensa, lui lì, solo, di fronte a una donna innamorata con la sua bambina.
Gli ho messo addosso quel piglio amaro, l’invidia che mi si infilava sotto pelle quando, sola io, vedevo madri e figli. Immaginavo gioie, intuivo l’amore. E mi sono sentita fortunata.
Lui e la sua cagnetta. I suoi orari fissi, la sua vita banale.
Magari, invece, vedendomi ha pensato: “Sempre con la bambina al seguito. Una, due, o tutti e tre. Che sfiga.”
Ed è felice così.