DOCCIA PULITA, FAMIGLIA SPORCA
Lei viene e ha le tette così a punta che pare le abbia passate al temperamatite. Per i primi dieci minuti le mie pupille stazionano fisse, poi sospinte dalla forza di volontà cominciano a fare quel tipico flipper di quando controllo e istinto battagliano: così noto il sorriso terso, i denti allineati con disciplina, gli occhi da cucciolo, scuri come il buio, e quel volto rotondo come un piatto. E poi… tornano alle due cuspidi.
Mi piace pensare che, al di là delle tette, e al di là di alcune insistenze per pulizie troppo zelanti rispetto alle mie esigenze, ci sia qualcosa di scritto negli incroci, perché questa è la donna delle pulizie che avevo scelto in origine. Quella cui mandai la prima vera proposta: giorno e ora. Invece tacque: sul più bello. Così arruolai la number two, che come i più sanno, resta celeberrima per le tracce da Kandinskij sul piano della cucina, la fuga silenziosa, l’inammissione di colpe, e infine il congedo definitivo, servito via whatsapp: urgente al punto da non meritare il ripassaggio almeno per raccogliere i suoi zoccoli da lavoro lasciati nel mio armadio.
Tutto questo fu possibile per un semplice equivoco: la numero uno non rispose perché pur avendo bisogno di lavorare più di chiunque, un imprevisto di salute la inchiodò in ospedale. Rispose quando ormai la deturpatrice era già all’opera.
E così adesso il suo momento arriva. Perché, mi piace credere: era proprio destino.
Ci tiene: mi segue nella perlustrazione della casa, le ho detto guarda vieni e il tempo di due parole fai già le prime ore di pulizie. Pur di non piegarci al rassetto domenicale. Credo di esser stata abbastanza chiara, indica i vetri, inaccettabili: «Pulisco, pulisco subito».
«No, eh… aspetta». L’urgenza vera è la pulizia ordinaria: aspirapolvere, cessi, qualche pavimento a giro. I vetri stanno in piedi lo stesso, noi che tempo fa fuori bene o male lo intuiamo.
«Ma troppo sporchi».
Insisto.
Ci tiene a essere intraprendente, e adesso punta la cucina. Certo, cappa, fornelli. Ma lei ha visto le griglie d’aspirazione, passa il dito: «Vede? Non si può lasciare così». (Ma sei una colf o ti manda l’Istituto d’Igiene?).
Convengo, con la formula che presto risulterà il ritornello collaudato: «Hai ragione, va fatto: ma-non-adesso». Nelle varianti: «non subito», «non oggi».
Indica i pensili, e qui il rapporto rischia una seria incrinatura: «Questo, per fare pulito pulito ci vuole tanto tempo, non so quanto». Sa che deve stare tre ore, che farà mano a mano, ma qui, per essere ridondanti, le sta prendendo la mano. E insomma pare che pulire le cose solite non le dia grazia, o dovrei dire «gloria» (che poi è il suo nome):
«Li farai, ma devi capire che io non ti chiamo per fare “pulito pulito”, io ti chiamo per fare le cose normali che noi non facciamo».
Passa al bagno di servizio: la doccia ha il vetro smerigliato dal calcare. Una versione dalmata di un vecchio modello Leroy Merlin che in origine fu trasparente. Adesso si fionda su quella: «Solo faccio vedere». (Dev’esserle piaciuto che la precedente ci lavorò invano e non riuscì a scalfirlo: d’altronde era nota per produrre macchie, non per rimuoverle). A quel punto ho finito le riserve dei no, in fondo posso prenderlo a test d’ammissione. Chiede un coltellino, una spugnetta da cucina, il prodotto anticalcare. E gratta che gratta, lavoro al suono che par d’una motosega.
Dopo dieci minuti mi chiama. Com’era fiera! Aveva quegli occhi da cucciolo tornati indietro nel tempo, come un bambino. Forse è che mi aveva sempre fatto tenerezza con quell’idea che si era persa un lavoro indispensabile per mantenere la sua famiglia sfortunata, per via d’un colpo mancino dell’universo.
E ha ragione, c’è questo quadrato di doccia che è nudo e lindo come un culetto di bimbo.
Mi metterà a disagio per giorni e giorni, docciarmi lì dentro sentendomi del tutto indifesa da quella sfacciata trasparenza.
Ma il lavoro è suo.
Le lascio finire il box perché la vedo spinta. Si raccomanda di asciugare tutte le pareti ogni volta che ci laviamo, altrimenti s’incrostano.
«Ah». Ripenso a mio padre, sempre genuflesso nella sua, di doccia, dopo ogni operazione di pulizia. Non sono certa di somigliargli.
Lei tenta ancora uno slancio additando le piastrelle che dovrebbero essere più lucide e infine: «Qui ho pulito ma devo togliere la silicone».
«Eh no, perché se tu togli la silicone non mi pulisci casa…»
«Ma qui va tolta la silicone».
«Ma se tu lo togli, IL silicone, poi chi è che lo deve rimettere? Noi…»
Alla fine concordiamo che ogni volta farà le cose basiche (che arguisco soddisfarla meno) e poi si concentrerà su un locale alla volta: «Così lo faccio pulito pulito».
Se ne va che più o meno la casa è a posto, la doccia un cristallo. Noi invece, da allora, abbiamo quasi smesso di lavarci, ché a passare il panno su tutto il box passa la voglia.
[Photo by Sweet Ice Cream Photography on Unsplash]
Commenti 2
Peccato che viviamo lontane, se no la donna delle pulizie che quando passa lascia “pulito, pulito”, che ha iniziativa, te la scipperei subito. Sarebbe il sogno di mio marito! In compenso ti presenterei la mia che pur venendo da me un numero considerevole di ore si limita strettamente all’ordinario, e “all’imprevisto” ci gira intorno (comunque, sempre meglio lei di me!!!). Un dialogo tipo in casa nostra è: “ma non doveva venire la donna?/ Sì, è venuta!/E allora com’è che ho trovato questa maglietta sotto il letto di una gemella? Non ce l’aveva indosso ieri l’altro?…
P.S. Quando mi sono sposata e abbiamo rifatto il bagno, mio marito ha dotato la doccia di una di quelle spugnette da benzinaio, da passare dopo ogni doccia per evitare le incrostazioni, che sapeva già io non avrei mai tolto… ormai dopo 10 anni ci ha rinunciato! Ma cambiando casa e bagno ogni due tre anni circa, direi che mi salvo.
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Ciao cara! Guarda, come ho scritto su FB, l’altro giorno si è già tradita, è arrivata (previo avviso) con la figlia, per lavorare in due e fare prima, perché poi doveva andare dal medico: sedie e sgabelli in cucina sono rimasti con le gambe piene di polvere e pelucchi, ma inumiditi dai pavimenti appena lavati, appena spostavi la sedia restava una scia pelosa. Stracci lasciati in giro, secchio vuotato nel lavandino senza risciacquare né quello né questo, ragnatele vicino agli zoccoli e dietro ai comodini in camera da letto. Uno strazio. Noi la doccia la asciughiamo, ma dureremo pochissimo: bella sta cosa della spugnetta, mi hai dato un’idea. Se no faremo come voi: cambiare casa ogni due anni! 😀