UN LIBRO SOMIGLIA SEMPRE A CHI LO LEGGE E CHI LEGGE FINISCE COL SOMIGLIARGLI UN PO’, COME DUE CHE SI ANNUSANO, PRIMA, E POI SI AMANO.
E ALLORA LO TIENI UN PO’ SULLE GINOCCHIA.
Non puoi mai cominciare un nuovo libro il giorno in cui ne hai finito un altro. Non puoi farlo. Sarebbe come tradire. Un gesto piccolo, chiudi, addio. Lasciare casa.
Non puoi mai cominciare di nuovo senza una pausa, una sosta, una spianata per tirare il fiato. Anche se non hai corso.
Hai centellinato le ultime pagine. Sapevi. Per un po’ hai rimandato, cercavi il momento giusto, l’attimo esatto. L’hai imparato, che l’attimo esatto non esiste. Probabilmente nemmeno il libro lo è, neanche il suo finale. Ma hai le aspettative come gli uccelli sui fili della luce: pronte. Hai temporeggiato. Poi alla fine ti sei rassegnato. Le tue figlie giocano, l’altro parla forte, domanda. Finisci di leggere e forse l’hai fatto anche apposta, in mezzo ai suoni della casa che vive, della storia ordinaria. Per non credere troppo a quella storia di carta.
Sull’ultima riga che hai custodito, serbato all’occhio con la mano per non anticipare nulla, rallenti. Come quando sai che ormai sei arrivato. Fai un grande respiro. Poche parole, mezza frase… punto. Il libro è finito.
Adesso stai lì, l’hai chiuso come pesasse, come fosse di sasso. Ciondola tra le dita, hai l’occhio fermo sul dorso, il suo titolo galleggia.
Di solito resto così un paio di minuti. Poi mi volto indietro. Indietro nel racconto: punto una pagina a caso delle prime. Impugno quel lungo viaggio come una grande ciocca, raccolgo i capelli. Quello che resta. Una piccola vertigine, se il libro è buono: quel grande scavo pieno e intanto vuoto, le ore di quando sei nel grande, col tuo piccolo cuore. È sempre buono. Quello che leggo fino a qui, fino al momento che dici: è finito. Che lo prendi, che penzola dal suo dorso.
Lo appoggi sulle gambe. Adesso pesa il doppio: ci sei dentro anche tu, ci sono le tue ore, le volte che hai lasciato squillare il telefono, le cene preparate in fretta, i bambini che chiamano. C’è dentro quel pomeriggio che la tv non passava niente e allora hai detto ma sì, leggiamo un po’. Senza scommetterci. C’è dentro la fatica delle prime pagine, quando parti un po’ incerta, quando sembra che c’hai la patente da un giorno. C’è dentro la fiducia che hai dato a quello lì, uno scrittore che nemmeno sapevi di nome. O il tuo grande idolo che gli hai messo addosso una responsabilità che solo Dio potrebbe cavarsela. Tu gliel’hai data, un po’ di fiducia, soffocava tra le aspettative, nelle smorfie dei primi guizzi timidi, mentre perplessa già osservavi: pensavo meglio.
C’è dentro il tempo che gli hai dato e c’è il tempo che ti ha dato. C’è quello che è successo lì dentro e che è accaduto fuori. C’è che adesso vi somigliate un po’, perché un libro somiglia sempre a chi lo legge e chi legge finisce col somigliargli un po’, come due che si annusano, prima, e poi si amano.
E allora lo tieni un po’ sulle ginocchia. Poi lo sposti sul tavolino. Ti alzi. Rimani un attimo a guardarlo. Poi zoccolando sulle ciabatte torni alle tue occupazioni. Un po’ nostalgica, tonta. Torni alle tue cose.
Ma non puoi cominciare un altro libro. Non ora.
Commenti 6
Hai dato voce a quello che provo anch’io. Grazie 🙂
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Ciao Caterina! Sì, è una separazione vera e propria, ha i suoi tempi… Grazie a te!
Anche io non posso subito iniziare un altro libro appena ne ho finito uno……. ad un libro ci si lega con un filo invisibile che ci cambia almeno unpo ‘. ritorno indietro sfogliando le pagine e magari ridendo per le parole che trovo e che so che farò mie……
finito un libro però ho già ben chiaro quale sarà il prossimo che come di abitudine inizierò a leggere conunabellatisana fumante a gambe incrociate sulla mia poltrona
però adesso ci sveli il libro!!!!|
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Ma cosa fai ancora lì??? Corri a partorire! 🙂 Sapevo che qualcuna me lo avrebbe chiesto: è un post di qualche tempo fa, avevo appena finito il bellissimo “Non dirmi che hai paura”, di Catozzella. Ero stesa, rasa al suolo. Però volavo.
“Non puoi mai cominciare un nuovo libro il giorno in cui ne hai finito un altro. Non puoi farlo. Sarebbe come tradire. Un gesto piccolo, chiudi, addio. Lasciare casa.” Lo sempre pensato anche io, è un pò una regola assoluta, per me! E le sensazioni che descrivi, come le conosco, oh come le conosco e condivido! L’aspettativa, i momenti di vita “vissuta insieme al libro”, l’attesa di riprenderlo in mano, la voglia di finirlo e la paura di farlo, quel senso di appartenenza al libro e di possesso che ti prende, l’intimità che a volte senti con l’autore, anche se neppure sai che faccia ha…
Hai scritto questo post dopo aver letto un romanzo davvero bello e toccante (che avevo letto anche io) e si capisce ma il suo valore è davvero universale. Hai dato voce a sentimenti che sento anche un pò miei e che bella voce! Un libro è più di un raccoglitore di carta e storie, è un compagno di viaggio.
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Una grande lettrice come te conosce bene queste sensazioni, il desiderio e la “paura”, l’attesa, poi sciogliere la presa… Sono molto contenta di averti dato voce: a chi più di te, Giulia?