SAPREI PERDERE OCCASIONI
Come sarebbe la mia vita, se non avessi paura?
Scriverei liberamente senza chiedermi che cosa ne uscirà. Se poi ne uscisse un volo sghembo, un albatro sfiancato come quello di cui dice Baudelaire, lo lascerei zoppicare.
Mi alzerei senza la pretesa di fare mille cose, sapendo che dieci vanno ugualmente bene. Che c’è anche domani. E se domani non potessi, sorriderei comunque.
Saprei lasciare che un giorno sia storto, sapendomi dritta, e se un figlio sfugge all’obbedienza terrei la voce ferma e garbata, non avrei da impormi per confermare di potercela fare.
Sceglierei un posto per le vacanze senza puntarci su tutto un anno solare, perderei un autobus senza che il ritardo si produca in colpa. Esprimerei i miei limiti senza vergogna.
Risponderei con educazione alla vicina villana, oppure starei zitta e chiuderei la porta alle mie spalle senza quel groppo che mi prende quando qualcuno mi attacca.
Saprei dare un bacio a chi bacio troppo poco.
Ricorderei che un giorno buco è grembo per le acque, come la terra ha conche per il mare. Che dalle vallate può spirare un vento fino in cima, che
scivolare non è sempre sconfitta, può essere un giro di bob gridando a squarciagola.
Se non avessi paura.
Distinguerei ciò che voglio davvero da ciò che scelgo per proteggermi.
Smetterei quel binomio insolubile che cambiamento significhi perdita, dilagherei in uno spazio dove c’è solo un viaggio.
Ai capelli bianchi riderei immaginandomi ancora più vecchia. Al posto dell’ansia avrei curiosità che zampilla. Saprei che
la passione è come le piroette del fuoco, puoi proteggerla e alimentarla, ma non la puoi costringere, né evitare la cenere.
Uscirei pazza di casa, almeno per una volta, parlerei a una sconosciuta per il solo gusto di farlo. Al bimbo che piange offrirei una filastrocca, a sua madre un sorriso, magari un giorno intero. Camminerei sul bordo del marciapiede a braccia aperte e non smetterei di cantare quando incrocio un passante. Inviterei a pranzo quella donna di stracci che è sempre fuori dal supermercato.
Potrei seguire i miei sogni trainata dalla gioia, e non spinta a calci nel sedere dal bisogno di farcela. Saprei desiderare senza il cappio dell’aspettativa.
Uscirei senza tornare a vedere se ho chiuso bene la porta, potrei andare a dormire senza ricontrollare il gas. Senza affollare ogni tavolo di post-it per cose che ricorderò comunque.
Farei chiamate di lavoro senza sudare, aspetterei una mail senza le botte al cuore. Ascolterei un sintomo del corpo e attenderei un referto senza imbrigliarmi, saprei fare piani e non seguirli. Nodi senza l’urgenza di scioglierli.
Saprei perdere occasioni.
Saprei prendere tempo. E saprei perderlo.
Amerei dimenticando tutto. Se non avessi paure. Smetterei l’uso del condizionale.
Photo by Manuel Meurisse on Unsplash
Commenti 10
Ecco, adesso leggendo questo tuo post capisco che forse ho più paura di quanto mi concedo di ammettere. Colpa tua, sappilo. 😉 Post magistrale, poetico e di una crudezza che amo.
Author
Grazie carissima Carmen! La paura – dicono – è fisiologica in quanto necessaria. Dicono anche che accettarla aiuti a superarla. Io sono ancora a prima: un semplice riconoscerla! Un bacio.
Allora facciamo insieme gli altri step! Qualcuna di queste paure riusciremo a superarle, insieme, no? Un bacione.
Author
Ottima idea: cominciamo con l’accoglienza, allora!
Ciao Maddalena,
questo tuo post mi ha fatto pensare su quanto la paura condiziona la mia vita. Già lo sapevo. Ma in questo post sei riuscita ad evidenziare alcuni aspetti quotidiani dove la paura ti fa fare delle scelte. In un post qualche tempo fa avevo scritto che solo avendo paura si può essere coraggiosi. Beh, anche nelle piccole cose quotidiane serve coraggio. Serve coraggio persino nelle cose più semplici, come essere felici e donare felicità ad altri. Serve coraggio anche per essere se stessi. Direi che serve coraggio anche quando non dovrebbe servirne.
Io ci ho messo un bel pò a capire cosa vuol dire accettare. Però dal capirlo a metterlo in pratica non è così facile.
Un saluto
Lorenzo
Author
“Serve coraggio anche quando non dovrebbe servirne”: hai ragione, Lorenzo. E l’accettazione deve essere un sentimento, una com-passione senza giudizio, che superi la presa di coscienza solo razionale. Forse è un cammino che dura tutta la vita. Un abbraccio.
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