Per un periodo, come molti – forse – forse nessuno, non ho avuto il Natale.
Mi caricavo dietro la borsa onerosa degli anni, il compleanno che per sorte o per sfiga da sempre mi tocca il 25: una bizzarra coincidenza astrale, agli occhi di mia madre credo benedetta. Per me era solo il caso sfortunato di una luminaria in più, in mezzo a vie già sapide di luci, colme d’ogni altrui attenzione.
Avevo smesso gli anni piccini, le pantofole della nonna
Il tempo delle madri
Sola.
L’orologio spezza la cucina col suo ticchettio croccante. Sembrano briciole di un tempo aperto come pane. È arrivato il sole, qui dentro. Passa dalle rose azzurre della tenda alle mie spalle, gira sul muro, sbieco, lo lava ancora più bianco, supera il pensile, poi si perde sullo stendino.
Maglie piccine, slip con la Barbie, boxer con Spongebob.
È una strana presenza, la tua: una sorta di pesce in un acquario, muta…
Ma dove sono i regali?
…Io ho dei ricordi bellissimi, di giorni che mi hanno insegnato l’eccitazione, la curiosità, l’impazienza buona. La gioia di una neve di farina, di una cometa di plastica, una montagna di cartone, un risveglio all’alba. Io sono anche i Natali che ho vissuto. Quell’atmosfera appesa alla tavola, ai volti, alle palline dell’albero. Più dei regali, di ciò che scoprivo dietro alla carta decorata. Più degli oggetti che poi si faceva a gara a chi riusciva a usarne di più in un giorno solo. Io sono anche la festa che ho vissuto.
Che passa di genitore in figlio, che adesso rendo ai miei bambini…