Papà.
Col becco bianco della prevenzione, come un pulcino sbagliato.
L’anatroccolo che ha perso il gruppo.
Abbiamo, tutti, perso il gruppo.
Papà.
Col becco bianco della prevenzione, come un pulcino sbagliato.
L’anatroccolo che ha perso il gruppo.
Abbiamo, tutti, perso il gruppo.
Amami perché io sono questa. Non perché «tanto sei tu». Non perché sono tua figlia, tua nipote, tua sorella, tua moglie. Perché è ovvio. Non amarmi in generale.
Mi piacerebbe dirti che sarà sempre la scelta migliore, che era come te l’eri immaginato. Che gli imprevisti sono solo occasioni impacciate. Ma la maternità non funziona così: funziona che basta uno sterminio di didò e quel pomeriggio ti sembra un affronto. E poi magari cavalchi una malattia e una stanza d’ospedale con un sorriso senza pari. Funziona che un’altra al posto tuo, che molte, che tutte: sarebbero riuscite e tu no. Funziona che nessuna al posto tuo ce l’avrebbe fatta: e tu sì.
Sono stati in vacanza, mio padre prepara santuari senza dirlo. Mi manda foto una dopo l’altra, mi tiene un po’ con sé anche se siamo lontani, in quei posti che ci ha insegnato da piccoli. E io le salvo tutte. Penso che non facciamo mai scatti di lui, che quando si è figli sono i genitori a farceli. Poi diventiamo genitori. E li facciamo ai figli. E un padre non lo fotografiamo mai