SAREBBE PIÙ FACILE DOPO L’INVERNO
Non ho più paura della solitudine.
Sono diventata amica di me stessa in tanti anni. Non ho più paura della solitudine.
Non ho paura della casa vuota, di questo canestro in cui scivolare e poi fermarmi e poi scivolare ancora, e prendermi. Questa casa è stata mia prima di te, e mia sarà ancora. Poi.
Non ho paura del tempo né del silenzio. Di decidere ora per ora come riempire le ore. Non ho paura dei pieni come non ne ho dei vuoti.
Ho paura della mancanza di te. Della sagoma che resta. La forma intagliata in queste stesse cose che hai ribattezzato. L’odore, la scia dei gesti. Gli ammennicoli posati in storie.
La tua sapiente, innocente, enorme rivoluzione.
Sarebbe più facile in inverno. L’inverno è un conto, si trascina. Conosce la lentezza e il tedio, e anche lo sfiancamento di certe giornate che stentano. Certi malanni. Troppi cartoni in tv. Giochi in cui ti accompagno senza convinzione.
Difficile è lasciarsi in estate.
Me ne accorgo. Di ognuno di questi giorni che ho preso, salvato ad altri impegni, portato a riva, restituito a noi come un’offerta preziosa. Non ho ceduto all’abitudine, sento ogni anello di questa buona catena. Ed è questo bottino, che scaverà, lasciandolo, il suo solco sulla schiena.
Diventiamo noi, talmente, ogni mattina quando il sole dentella il muro qui fuori. Quando ti prendo e gli altri sono già andati. Quando vai e vieni, in spazi che anche a te non fanno più paura. Diventiamo due, e invece di sciogliere così la presa, attecchiamo in quest’epoca come piante buone. Non più una nell’altra: accanto. Senza il fastidio di un’ombra, senza l’intralcio di rami annodati. È così che si formano i filari, così le foreste. E nelle foreste, poi, crescono humus e fiori. Vivono specie animali, e si riproduce la vita.
Sei talmente tu, adesso, che questa casa sarà talmente senza.
Il rito del mio caffè, la spola dei tuoi baci. Il purè a pranzo. Il libro di Ti’nours che chissà dov’è finito. I picnic accaduti come accade un colpo di fortuna, un’ispirazione, un’idea. Quando si esce per comprare il pane e si finisce a mangiare pizzette su un’altalena. Quando il cellulare muto non osa più le ore. Sei una vacanza. Hai la stessa sostanza: degli imprevisti felici, fiori di campo in mezzo alle consuetudini. Non sarò così brava nei miei fuori programma.
Sarebbe più facile dopo l’inverno. Sospinti a un sollievo.
Ma questa primavera e questa estate siamo la nostra bella stagione, ti conosco abbastanza da aspettarti e poi lasciarti andare. Abbastanza infinitamente ti amo e amo come siamo, quello che siamo diventate. Nell’elasticità del sole.
Abbastanza da sapere: non mi mancherà un figlio, un vociare. Un ritornello alle mie strofe. Un calpestio di passetti attorno alle mie faccende.
Mi mancherai tu.
Commenti 7
❤
Bello, bellissimo! ❤️
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Tu sai.
occhi a cuoricino
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Grazie 🙂
brano toccante, soffuso di “malinconia a futura memoria”
sicuramente ti mancherà questa età dell’oro, ma non è detto che ti mancherà tua figlia (uso il femminile a prescindere, per condizionamento genitoriale) che, per quanto da adulta avrà una sua vita autonoma e forse lontana, manterrà con te un legame altrettanto solido di quello attuale.
ml
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Buongiorno Massimo, che onore avere una voce al maschile 🙂 Grazie per le tue parole, confido nella verità che affermi. Qui mi riferivo comunque in particolare a settembre, quando mia figlia comincerà l’asilo, dopo 3 anni vissuti sempre insieme… Insomma un futuro prossimo, che rappresenta una tappa importante e il primo grande cambiamento.