IN QUEL MOMENTO HO CAPITO COS’ERA IL MATRIMONIO: ALLACCIARSI LE SCARPE E PARTIRE
Ti sposi.
Mathias dice che è perché sei il mio fratello minore. Per questo fa effetto, un sorriso e poi giù, come un piccolo sbrego nella tasca. Come spingerci dentro il pugno della mano.
Perché sei il bambino che spingevo nel carrello, il sabato pomeriggio al Pam, la grande spesa del fine settimana, quella in macchina con papà. E, mentre spingevo nei miei piccoli nove anni, le mani salde su quel manico pubblicitario “PAM” con il suo logo rosso, aspettavo: che mi vedesse qualcuno. Convinta di quell’ingenuità portentosa e ineguagliabile che hanno i bambini, “penseranno che sono la mamma.”
Perché il giorno che sei nato me lo ricordo. E di poche nascite si può dire uguale. E perché poi avrei ricordato, meglio e da protagonista, quelle dei miei figli. Ma allora non lo sapevo. Allora ero una ragazzina coi capelli lunghi legati in due code alte, le guance piene, i pomeriggi a saltare l’elastico nel cortile delle compagne di scuola. I giochi con i cugini nel parco condominiale. Quel giorno pioveva e ci avevano messo tutti dagli zii, la porta davanti alla nostra. Lo stesso pianerottolo. Io, mia sorella, mio fratello. Quando arrivò la notizia stavamo giocando a Monopoli. Se qualcuno si chiede che cosa prova un figlio quando gli nasce un fratello… be’, io lo so, me lo ricordo. Si prova che fuori era come se non pioveva più, e il Monopoli era diventato un pezzo di marmo e mille polpastrelli dei cugini erano volati via dai miei occhi. E nei miei occhi non c’era più niente, era sparita anche quella carta da parati con le foglie lunghe verde oliva. Perfino i miei fratelli erano scomparsi. L’unica cosa che esisteva era la mia voce che gridava è nato è nato, non ci posso credere! E allora, a ripensarci adesso, credo di aver atteso quel giorno ogni giorno di quei nove mesi. D’altro canto a volte guardavo quella cullina gialla coi pizzi bianchi e la carezzavo di nascosto, in camera dei miei.
Perché sei il fratello che per anni e anni, chiamala condanna o vedilo come un vezzo, abbiamo chiamato Marchino, perché quel nome lì ti avvolgeva di più. Non lo si può vestire, l’ultimo nato, con un nome normale, gli sta largo, ci ballerebbe dentro.
Per tutti questi motivi, forse, fa quel piccolo strappo. E perché sei lontano, di fuso orario, di continente, di lingua e di vita. E magari potrei conoscerti di più. E magari ora farai un figlio e si diventa più intimi: mangia? Dorme? Vengo a trovarti. Ma la distanza non lo renderà possibile.
Ma la verità è che ti invidio. Come invidio gli inizi. Quelli pregni di promesse. Le partenze con le borse piene e le aspettative. I giunti sulla strada che segnano il percorso.
Io mi sono sposata il 21 settembre. È stato bello perché è quasi impossibile che non lo sia. Ma l’emozione più chiara che ho è la mattina dopo. Quando non c’è nessuno, si è spenta la festa, sono scomparsi gli occhi di tutti, hai tolto il vestito e sei di nuovo solo quello che sei. L’amore nudo. Mathias è seduto alla scrivania, forse per infilarsi le scarpe. Ecco, io in quel momento ho capito cos’era il matrimonio: allacciarsi le scarpe e partire. E avere tutto davanti. Sempre.
Ti aspettano le cose più belle. Ti auguro un figlio, due, quanti vorrete. Anche se dici che in Cina il matrimonio in sé è solo una firma. Tua moglie la guardi in modo diverso, quando è tua moglie. La guardi all’ingresso, infilarsi le scarpe. E senti che qualcosa comincia.
Con questo post partecipo al progetto Aedi digitali. Tema della settimana: #inizio.
Commenti 14
Ho guardato a lungo la vostra foto. Ti sei portata dietro l’espressione di quella bambina con le code alte. Immagino che forse è la stessa espressione che avevi quando lo spingevi dentro a quel carrello, forse la stessa che avevi quando hai scritto queste parole per lui, per il suo giorno, per voi. È vero, il matrimonio è l’inizio trepidante di una meravigliosa partenza. Auguri al tuo fratellino.
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Grazie Giò, credo fermamente che anche se “si firma e basta” in verità tutto cambi. Quanto alla mia espressione… credo tu abbia ragione 😉
E’ vero, almeno per me. La firma cambia ed in meglio 🙂
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Grazie Giorgia… Mi fa piacere che molti credano ancora nel matrimonio, non importa con quale rito o se civile: è sempre una formalità che rende ufficiale è più significativo un legame, perché alla fine l’uomo vive di segni, di riti e di simboli, credo sia nella nostra natura.
Devo essere sincera: l’ho capito dopo averlo sperimentato 🙂
Sai sempre tradurre fedelmente le emozioni, Madda. Anche io ho un fratello, anche se più grande, e il tuo racconto mi commuove…
Mi piace tutto quello che dici, e come lo dici, in questo post. Con i nostri fratelli rimaniamo per sempre legati con una gugliata resistente, lunga e stretta. Anche se siamo lontani…
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Buongiorno carissima, sì, fa uno strano effetto. Fai conto che noi siamo in quattro figli e lui sta in Cina, mia sorella in Norvegia… Qui siamo rimasti in due! Tuo fratello è lontano?
Siete in tanti! Che bello…
Noi siamo in due, non siamo distantissimi, ma essendo molto legati, anche queste decine di km a me pesano.. Eccome. Mi pesa anche solo il fatto di non poterlo raggiungere in pochi minuti quando ho voglia di stare con lui. Siamo molto legati… E ci sentiamo spessissimo.
Per lui ho scritto uno dei miei post, a mio parere, più belli, dal nome “Fratellitudine”, se ti va di leggerlo… Avere fratelli e sorelle è una benedizione (in tutti i sensi…).
Ciao, Cara! Ti bacio.
Che tenero, il tuo modo di essere sorella…direi quasi materno. Forse sei nata mamma, con quella preoccupazione sottile e il cuore grande. Che bello rileggerti, dopo la mia pausa estiva!
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Ben ritrovata, Carmen! Tu non lo sai, ma oltre a qualche like alle tue foto io penso a te un sacco di volte, sempre come a una persona piena di vita, che emana bellezza. Un grande abbraccio.
Anche per me è così, ti penso spesso… A volte non mi sento così piena di vita, ma diciamo che mi sforzo sempre di non stare nel buco, dove a volte mi infilo, troppo a lungo…
Mi dispiace sparire per settimane, ma io quando stacco, stacco completamente… E poi in Italia, tra case con poco segnale e impegni familiari… Un abbraccio!!!
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che bello questo post Maddalena, io non ho fratelli e non so bene cosa voglia dire, ma spero tanto che tra i miei bambini resti per la vita il legame e la complicità che hanno ora. Complimenti per la vittoria! 😉
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Grazie Alessandra! C’è quella che altrove ho definito “bestialità di sangue”, qualcosa che non credo si possa spiegare né togliere. Al di là delle strade che poi si prendono, delle schermaglie che la vita ci porta magari a costruire, delle divergenze di carattere. Vivrai un po’ di questo nei tuoi figli, nel loro modo di essere fratelli, vedrai.