Ho dormito poco. Forse affatto. C’è una cullina, le pareti trasparenti, qui accanto. Vuota. Come un ventre che ha partorito. Ti ho presa così come ti hanno preparato, avvolta nella coperta metà rosa e metà azzurra, tracce di vernice caseosa, ancora. Ancora sai di me, sai di noi, di queste ore faticose, della mezzanotte in cui sei sbucata fuori.
Accanto, un letto più in là, metteranno un’altra donna, ma io ti affondo nel mio giaciglio, la tua testa perfettamente rotonda nell’incavo esatto tra il collo e il volto, che ci solleva dalla stanza, ci ritaglia come un quadrato di luce. Ascolto quel sibilo che produci mentre dormi, ti annuso, ti sorveglio, ti cerco. Aspetto l’alba del tuo primo giorno in questo mondo. Un cuore addosso all’altro.
Potrei dire mi sembra ieri: che ti metto al seno per la prima volta, che i tuoi fratelli entrano piano come un sussurro, che sei un pupazzetto di pile nel seggiolino mentre ti portiamo a casa. Mentirei. C’è un po’ di te talmente ovunque, versato in giro come acqua: cascate di risa e chiacchiere, rapide di pianti, gore di quiete. Vapori di una presenza che sovverte il tempo.
Potrei dire sono felice. Di quella gioia pura che impazza, che spettina le teste e le ore. Che da allora tutto è stato un miracolo di festa, un inno di gratitudine. Mentirei. Compi un anno, mia piccola tempesta, e sono stanca. Stanca di non dormire, stanca della tua inquietudine, stanca perché è difficile.
Vorrei un amore diamante per te, limpido e forte. Ho solo un animo che per poco si sbecca. Ali che inciampano nelle tue proteste, piume cadute di voli imperfetti. Sono ancora una novellina, davanti alla tua sfida.
Ma per un giorno che da me sei nata, mille momenti tu mi metti al mondo.
Tu che non sai chi è quel viso bambino allo specchio (ma in fondo chi mai lo sa?). Tu che ignori la grandezza di questo giorno, e insegui la meraviglia di un pelucco per terra. Tu che hai le proporzioni al contrario, una testa grossa su un corpo piccino, e, pure, obbedisci al cuore senza ritegno.
Benvenuta in questo angolo di Terra. Benvenuta tra le mie dolcezze e la mia intransigenza. Nelle parole che mi sfuggono aspre, in quelle che si lisciano come erba al vento.
Benvenuta in questa distesa di braccia. In questi occhi scuri e impazienti che ti somigliano.
Affinerò il mio tatto, l’udito, i sensi. Continueremo a nascere, come quella notte. A ritagliare un quadrato di luce. Un cuore addosso all’altro.